Olimpiadi: i Giochi dei multipli

18 Agosto 2016

Dalla maratona delle gemelle al podio tutto USA nei 100 ostacoli, ecco i numeri ricorrenti nelle storie di Rio 2016

di Giorgio Cimbrico

Doppia Elaine Thompson, triple Usa nei 100hs, tre oltre i 7 metri nel lungo, tripla tripletta sempre più vicina per Usain Bolt, doppia doppietta molto reale per Mohamed Farah. A Rio si gioca sui multipli, obiettivi che spargono sale, pepe e spezie.

La dimensione del doppio viene da sorelle e fratelli che possono avere nomi diversi: Cindy Ofili e Tiffany Porter, le americane britanniche per la nascita di mamma ad Anguilla, si abbracciano e si ispirano prima della finale degli ostacoli; Kurt Felix e Lindon Victor, grenadini, spruzzano sul decathlon un po’ di profumo di Caribe, di West Indies, come venivano chiamate al tempo di una vecchia ed effimera federazione. Quel nome esiste ancora e rappresenta la nazionale di cricket che riunisce i migliori giocatori da Barbados a Trinidad, Giamaica compresa. Le gemelle nordcoreane Kim Hye-Song e Kim Hye-Gyong non si separano di un palmo lungo i 42 chilometri e l’arrivo viene sottoposto all’esame del fotofinish: Song è decima, Gyong undicesima. Non ce n’è bisogno di usare quello strumento ottico per la triade delle biondine estoni: Lily Luik è 97a, Leila Luik 114a, Liina Luik si ritira.

Le baltiche aprono le porte che portano al tre: Brianna Rollins, Nia Ali e Kristi Castlin occupano il podio degli ostacoli e collaborano a stendere un velo pietoso sulla prova dei maschi, spazzati via da uno dei loro feudi. A dire il vero, nessuna delle tre firma un tempo da far rizzare i capelli ma che le americane abbiano imposto da almeno tre stagioni un monopolio è cristallino: a casa è rimasta Kendra “Keni” Harrison, la piccolina che ha strappato dopo quasi trent’anni il record mondiale alla bulgara Yordanka Donkova. La legge dei Trials, come è noto e storico, è crudele, ma visto come stanno andando le cose (un finalista nei 200, zero nei 400), sarebbe bene rivedere certi codici draconiani.

Tre oltre i sette metri: la tecnica raffinata e il nuovo record nazionale di Ivana Spanovic, serba della Vojvodina dagli occhi profondi, non sono sufficienti per strappare il successo e l’argento a chi tambureggia sulla pedana a una velocità che spruzza e sprizza scintille. Tianna Madison, signora Bartoletta (“mio marito John è calabrese”, dice in italiano) non è raffinata ma è un capolavoro di longevità: si perde quasi nella notte dei tempi la sua prima corona importante, ai Mondiali di Helsinki 2005, quando non aveva ancora vent’anni. Per una volta il salto, ancora più naif, di Brittney Reese non risulta decisivo. Nel martello esce di scena al terzo lancio Pawel Fajdek, dieci volte oltre gli 80 quest’anno e fuori con un miserrimo 72,00. Per l’occhialuto, ovviamente tre passi nel delirio e per chi l’aveva pronosticato campione olimpico, in pratica tutto il mondo, un triplo singhiozzo. Sarebbe anche interessante sapere quanto ha guadagnato Ezekiel Kemboi: tre centimetri?

In tutto questo florilegio, toccata da poco anche la dimensione quadrupla: dopo lunga attesa e dopo altrettanta prolungata analisi sulla decadenza della specialità, un poker di atleti va sotto i 48” nei “4H”. Rappresentati tre continenti, America (Kerron Clement, Usa, con radici a Trinidad), Africa (il keniano Boniface Tumuti diventa rapido erede del deludente Nicholas Bett) e Europa: il cubano-turco Yasmani Copello e l’irlandese Thomas Barr che riporta un po’ di verde in una finale dei “bassi” a 84 anni dalla vittoria di Robert Tisdall. Il trifoglio è la pianta perfetta per questo giardino.

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OLIMPIADI RIO 2016: LA GUIDA ALLE GARE

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