Mondiali Londra: la corsa al doppio oro

02 Agosto 2017

Da Wayde van Niekerk a Mo Farah, da Almaz Ayana a Genzebe Dibaba, da Shaunae Miller a Caster Semenya: i grandi campioni che nella rassegna iridata (4-13 agosto) andranno a caccia del "double"

di Giorgio Cimbrico

Doppiette: vanno sempre di moda quelle classiche, ma hanno preso quota anche quelle non classiche. Le une e le altre saranno la colonna sonora dei Mondiali che, per ora, sembrano portare il titolo di una sonata di Ludwig van Beethoven: gli addii. Quello definitivo di Usain Bolt; quello alla pista di Mo Farah.

Le accoppiate tipo erano e sono 100-200, 800-1500, 5000-10000. Con le debite eccezioni: Paavo Nurmi nel 1924 a Parigi, 1500-5000 (nel giro di un’ora o poco più) e Alberto Juantorena nel 1976 a Montreal, 400-800, che si sarebbe adattata perfettamente a Rudolf Harbig, ma il sassone scomparve nella Grande Bufera. Ottant’anni dopo, Nurmi sarebbe stato eguagliato da Hicham El Guerrouj che ebbe più tempo a disposizione ma, senza voler incrinare il mito di Paavo, anche una concorrenza assai più ispida. Ai Mondiali l’impresa è riuscita solo a Bernard Lagat in versione americana, dieci anni fa a Osaka.

A Londra, andando per blocchi di distanze, Andre De Grasse ha rinunciato alla vigilia per un infortunio muscolare e non potrà quindi correre su 100 e 200, ma se su un fronte avrebbe dovuto fronteggiare Bolt, uscito dal letargo o rinato dalle ceneri come la fenice (ogni allegoria è permessa quando di mezzo c’è Usain), sull’altro ci saranno Wayde van Niekerk e Isaac Makwala, i centauri dell’Africa australe che si sono messi in testa di emulare il Michael Johnson di Goteborg 1995 e di Atlanta 1996.

Il nome di Johnson si trasforma in una specie di refrain che accompagna le imprese di Waydream: il sudafricano dal piede leggero (direbbe Karen Blixen) ha strappato al texano dal piede pesante il mondiale dei 400, dei 300, i record dei meeting di Losanna e di Montecarlo con un susseguirsi tellurico di prestazioni che qualcuno ha trasformato in premesse per la prima discesa sotto i 43 secondi. D’altra parte, aggiungerne 12 al 30.81 di Ostrava equivale già a un stordente 42.80. Ma lo scenario è stato attraversato da una serie di fulmini scagliati da Makwala: la terrificante accoppata di Madrid, 43.92 e 19.77, seguita dalla strenua resistenza opposta a WvN al Louis II con terza discesa di carriera sotto i 44 per l’uomo del Botswana che, è bene ricordarlo, nei grandi appuntamenti vede spesso i sui artigli limati dai turni. La differenza sta proprio in un accostamento alla fauna delle loro parti: Makwala è un predatore che può ruggire ma anche sbuffare, van Niekerk una veloce, coordinata e armoniosa springbok, la gazzella, uno dei simboli del suo paese accanto alla protea.

La stessa impresa – centrata da Marie-José Pérec ad Atlanta – è nelle ambizioni della flessuosa e altissima Shaunae Miller, bahamense con marito estone, il decathleta Uibo. Dopo l’arrivo in tuffo di Rio e un inizio 2017 molto brillante, l’ottimismo di Shaunae volava verso le stelle: la gittata deve essersi accorciata dopo il ritorno della beffata Allyson Felix, 49.66 proprio sulla pista che ospiterà la rivincita dei Giochi. Allyson è alla ricerca del decimo titolo mondiale.

Il mezzofondo, soprattutto quello femminile, è un intrico: Caster Semenya è la scontata favorita degli 800 ma ha voluto esser iscritta anche ai 1500 (datele una finale tattica e farete il suo gioco) ma è sull’asse 1500-5000 che si è radunata una piccola folla: Genzebe Dibaba, Sifan Hassan, Laura Muir e persino la giovanissima e sottilissima tedesca Konstanze Klosterhalfen. Per citare un quotidiano di Nairobi, Faith Kipyegon e Hellen Obiri preferiranno suonare i loro tamburi di guerra su una sola distanza, ed è la seconda a godere di un pronostico assai favorevole sui 5000.

Mo Farah, il più grande cacciatore e conquistatore di “double” 5000-10.000, scenderà, sin dalla prima giornata, sulla pista dove non è mai stato sconfitto, per il suo lungo addio alla corsa su gomma: a 34 anni compiuti il futuro è sull’asfalto. Dovrà fare estrema attenzione agli etiopi, molti di fresco conio. Una certa curiosità su Almaz Ayana che torna dopo una lunghissima assenza prima sui 10.000 del suo miracolo olimpico, del suo trattato sulla corsa, e poi per andare ad affrontare 5000 che non possono che essere etichettati ribollenti.

In coda, un po’ di spazio per il futuro pensionato Usain Bolt che corre per il titolo numero 12 e numero 13, in staffetta. Nella città che lui ama, sarebbe un bel finale di partita. Vada come vada, è destinato a slogarsi polso e mano: tanti autografi come lui, non li firma nessuno.

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