Una storia al giorno

22 Dicembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

22 dicembre. Ventiquattro anni fa la Porta di Brandeburgo tornò a essere spalancata, a non dividere l‘Est dall’Ovest, a non far cadere nel freddo chi non riusciva a superarla. Quei moderni propilei, costruiti nel 1788 su robuste colonne doriche e sormontati da una quadriga che Napoleone decise di portare come bottino bellico  a Parigi, avevano appena compiuto 200 anni e da quel momento divennero le quinte dell’atto finale della maratona di Berlino, tra Mitte e Tiegarten.

Le mode, specie quelle nostrane, hanno fatto di New York la giornata di riferimento, e risultati di vertice e d’assieme hanno spedito in alto, molto in alto, l’appuntamento londinese di primavera, ma è stata l’aria berlinese, così amata da chi è nato da quelle parti, a far respirare il continente dei 42 chilometri. Negli ultimi quindici anni nessun appuntamento ha saputo offrire una collezione che sempre più assomiglia a un patrimonio.

In realtà l’attraversamento di Berlino, delle città che costituiscono il suo sterminato tessuto urbano, costituisce un recente e solidissimo unicum, con otto record del mondo e l’abbattimento di almeno tre barriere: il primo tuffo sotto le 2h’05’, il primo sotto le 2h04’, la prima sortita femminile sotto le 2h20’. Berlino è piatta, ha strade agevoli, senza improvvisi strappi, senza neppure quei sottopassi che a Londra, nel lungo Tamigi,  mettono in crocei frequentatori degli alti ritmi. Il primo a rendersene conto fu Kitei-son che martellò l’asfalto con quelle scarpette ad alluce indipendente. Era l’estate olimpica del ‘36 e I fotogrammi luce-ombra di Leni Riefenstahl sono la prima, preziosa testimonianza su un terreno diventato miniera.

Come diceva il principe Amleto, le parole sono solo l’ombra pallida dei fatti. E i fatti sono la cronologia di questi anni tonanti, aperti dall’improvviso gol di  Ronaldo da Costa, 2h06’05” quindici anni fa. A seguire, 2’20’43” della piccola, dentuta Tegla Loroupe, 2h19’46” di Naoko Takahashi, 2h04’55” di Paul Tergat, 2h04’26” di Haile Gebreselassie, 2h03’59” ancora del sorridente Gebre, 2h03’38” di Patrick Makau, 2h03’23” di Wilson Kipsang, primo e unico record mondiale registrato quest’anno in fondo a una prova in cui la regolarità dell’andatura è stata una magnifica maestra. “Ich bin ein berliner”, può dire chi, dopo essersi lasciato alle spalle la Porta del destino brandeburghese, deve procedere ancora per qualche centinaio di metri sul viale che segna il cuore della città che, meno di settant’anni fa, era un mare di rovine.

Giorgio Cimbrico

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