Una storia al giorno

06 Ottobre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

6 ottobre. Esiste una controversia sul luogo di nascita di Bevil Rudd, venuto al mondo 119 anni fa. Nel Devonshire o a Kimberley, Sudafrica? Di certo c’è che in quella località, nella parte settentrionale della gigantesca provincia del Capo, il padre Percy e il nonno Charles furono tra i fondatori della De Beers, la compagnia che ha estratto tonnellate di un carbone che ha subito mutazioni ed è diventato diamante. Anche Bevil seppe brillare sin dagli anni dell’adolescenza, segnalandosi alla St Andrew’s College di Grahamstown e guadagnando una borsa di studio (anche se, economicamente parlando, non ne aveva bisogno) per l’Università di Oxford: chi, come Bevil, apparteneva a un ceppo britannico, e non boero o ugonotto come gran parte dei bianchi del Sudarica, risentiva di un forte richiamo per la madre patria.

Al termine della Grande Guerra, che l’aveva visto protagonista sino a meritare una Croce militare per il coraggio dimostrato in azione, Rudd, ormai 26enne,  riuscì a dare il meglio anche come atleta: ad Anversa ebbe la meglio nei 400 su un campo piuttosto modesto - 49”6 lui, 49”9 il britannico Ed Butler e lo svedese Nils Engdahl – e fu terzo negli 800 di Albert Hill, uno dei tanti allievi del formidabile Sam Mussabini che aveva già portato al successo Reggie Walker nei 100 nel 1908 e si sarebbe ripetuto con Harold Abrahams nel 1924. In quella gara finì setimo Adriaan Palen, eroe della resistenza olandese contro i nazisti e più tardi presidente della Iaaf prima dell’avvento di Primo Nebiolo. Bevil completò la sua collezione di metalli con il secondo posto nella 4x400, a meno di un secondo dai britannici.

Nel 1921, vincendo i campionati dell’AAU sia nel quarto che nel mezzo miglio, ebbe il titolo di atleta britannico dell’anno (non poneva ostacoli il fatto che alle Olimpiadi avesse optato per la canottiera verde con la springbok ch salta) e subito dopo cambiò trincea diventando cronista per il Daily Telegraph, ruolo che occupò sino alla morte prematura, venuta quando aveva da poco raggiunto i 53 anni e che gli impedì di sedersi nella tribuna stampa di Wembley, che di lì a poco avrebbe ospitato l’atletica dei Giochi del 1948.

Chi lo frequentò, ne ha un ricordo lieve e gentile: indulgeva in piaceri semplici (la pipa, un boccale di birra) e amava tornare ai vecchi tempi quando ricevere una spinta (gi toccò nella finale del 800, ad opera dell’americano Earl Eby) equivaleva a ricevere scuse in corsa. Essere campioni era come essere cavalieri.

Giorgio Cimbrico



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