Il collezionista del disco

24 Giugno 2015

140 anni fa nasceva lo statunitense Robert Garrett che nel 1896, alla prima edizione delle Olimpiadi moderne di Atene, conquistò l'oro nel disco e nel peso, oltre all'argento nell'alto e nel lungo.

di Giorgio Cimbrico

Quel disco era terribilmente pesante. “Professore, sicuro che lanciassero quel coso?”. “Certo, è la copia di uno degli attrezzi usati nell’antichità”. Robert Garrett – venuto al mondo il 24 giugno 1875, oggi fanno 140 anni, tondi come quel bronzeo disco vicino ai dieci chili che riusciva appena a sollevare, figurarsi lanciarlo - si fidava ciecamente di William Milligan Sloane, il suo insegnante di storia a Princeton, ma quella volta aveva qualche dubbio. Per Atene, comunque, aveva più di una possibilità: il peso, l’alto, il lungo. Il disco poteva essere accantonato.

Prima di lanciare la sua ricca casa di Baltimora (dopo la morte del padre la presidenza della banca era toccata a mamma) sulla lunga rotta verso Atene ne parlò con Frank (Lane), Herbert (Jamison) e Albert (Tyler) che erano solidi amici e, inevitabilmente, riconoscenti: i biglietti della nave li aveva pagato Bob che, già ricco di suo, sapeva che in un futuro avrebbe ereditato il patrimonio dello zio, uno dei tycoon delle ferrovie americane. Viaggio piacevole per quei giovanotti che, nei momenti informali, sui ponti esibivano orgogliosamente il maglione con una grande P. Tempo grigio, Atlantico mosso: quand’erano partiti, a Baltimora tirava aria d’inverno. Quando sbarcarono al Pireo, a fine marzo, furono investiti da un tepore che, di giorno, saliva bollente sino a livelli estivi.

Dopo aver sbrigato le pratiche dell’accredito allo Zappeion, Garrett e gli amici andarono a dare un’occhiata al Panathenaiko lì vicino, nuovo di zecca, bianco e luccicante nel sole. All’interno qualcuno si allenava scagliando un oggetto simile a quello che Bob stentava a staccare da terra, ma molto più piccolo.

“Ehi, amico – provò a farsi capire da un forzuto locale – cos’è questo, un giocattolo?”. Il forzuto, un po’ a gesti, un po’ a parole, gli fece capire che quello era l’attrezzo per la gara. Bob lo raccolse, lo fece girare tra le dita. “Leggero”. “Due chili”. “Scusa, ma io con le vostre misure non mi raccapezzo. Direi che siamo sulle quattro libbre, quattro libbre e qualcosa”. Ritorno veloce agli uffici dello Zappeion e richiesta che il suo nome finisse nella lista degli iscritti del lancio del disco. Accettata. Non erano tempi in cui si badava troppo per il sottile.

Il 6 aprile 1896 Robet Garrett diventò la riproposizione moderna del discobolo di Mirone. Beh, non proprio, perché aveva uno stile molto personale, con un giro rapido su se stesso, più da martellista. La tecnica, abbastanza rozza, fu più che sufficiente a far volare il disco a 29,15 regolando tutti gli enfant du pays che, naturalmente, ci rimasero malissimo. Se c’erano due gare che volevano vincere, una era il disco, l’altra la maratona. Andò meglio con la seconda. Felice come una Pasqua, il giorno dopo Bob vinse il peso e finì secondo nel lungo e il 10 aprile salì sul podio (ma c’era il podio?) nel salto in alto: era un bel giovanottone di 21 anni, 1,85 per 80 kg. O, come avrebbe preferito dire lui, sei piedi e un pollice per 220 libbre abbondanti.

Siccome i soldi non gli mancavano e la voglia di viaggiare nemmeno, si fece rivedere quattro anni dopo a Parigi, che per un americano era – ed è - sempre una meta ricca di fascino, e portò il suo bottino olimpico a due, due. Due, nel senso dei vari metalli. A seguire, affari, guadagni e uno spiccato amore per l’arte e la ricerca: finanziò una missione archeologica in Siria e mise assieme un formidabile corpus di oggetti e manoscritti bizantini e altomedievali che, prima di morire, donò al museo di Baltimora. Munifico da atleta, munifico da collezionista.



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