Formia 60 anni di successi

23 Novembre 2015

Il CONI ha celebrato oggi l'anniversario del Centro di Preparazione Olimpica. Il viale prende il nome di Pietro Mennea.

Il CONI festeggia i 60 anni di Formia. Dal 23 novembre 1955, data della prima apertura dei cancelli, il Centro di Preparazione Olimpica ha accolto, e fatto crescere, migliaia di atleti ed atlete. E da oggi, giorno delle celebrazioni del sessantesimo anniversario organizzate proprio dal Comitato Olimpico, il viale di accesso porta il nome di uno dei suoi figli più grandi, Pietro Mennea

A fare gli onori di casa il presidente del CONI, Giovanni Malagò, insieme al Vice Segretario Generale e Responsabile della Preparazione Olimpica, Carlo Mornati. Con loro decine di atleti di ieri e di oggi, tecnici, dirigenti, accorsi per rendere omaggio a un luogo unico, un gioiello logistico e tecnico che negli anni ha scritto la storia dello sport. Nato da un’intuizione di Bruno Zauli (che di Formia è anche stato sindaco), il centro ha strutture all'aperto e indoor che permettono di praticare oltre 20 differenti discipline sportive. 

"Formia - dice Malagò - è il simbolo dell’eccellenza sportiva del nostro paese, la casa dello sport italiano. Il nostro grazie va a tutti coloro che, in questi 60 anni, abbiano sentito questo posto come "casa". Celebriamo il passato, ma ancor di più progettiamo un futuro vincente perchè qui ci sono le basi - infrastrutture, clima e capacità di saper fare squadra - per pensare in grande. Qui tanti atleti, anche stranieri, sono diventati campioni, e lo sport italiano si è aperto al mondo". Continua: "L’atletica qui è la padrona di casa e proprio da qui ripartirà la sua riscossa. Con progetti più che condivisi con il CONI, fra cui anche il nuovo patto per rivalorizzare questo impianto mitico". 

Insieme al numero uno della FIDAL, Alfio Giomi, ed ad Anna Riccardi, membro del Consiglio della IAAF e delegato tecnico per i Giochi Olimpici di Rio 2016, anche tanti altri presidenti federali oltre ad Omar Addadi, presidente del Comitato internazionale Giochi del Mediterraneo (CIJM). A scoprire la targa che ora indica il Viale Pietro Mennea, quello di accesso che corre parallelo a un rettilineo leggendario, sono la moglie, Manuela Oliveri Mennea, e l'allenatore, Carlo VittoriTorna in quella che per anni è stata la sua sede di allenamento, una seconda casa, anche l'Olimpionica di Mosca 1980 Sara Simeoni.

Tocca proprio a lei sollevare il velo Tricolore ed inaugurare la Piazza Medaglie d'Oro, ora trasformata in pedonale. 

Una piazza che oggi brulica di grandi campioni, fra cui Giuseppe Abbagnale, nella doppia veste di Olimpionico e presidente del canottaggio, il collega - ora direttore del Centro - Davide Tizzano, la nuotatrice Novella Calligaris, il pugile Vincenzo Picardi, gli schermidori Dino Meglio, Sandro Cuomo, Giovanni Scalzo. Per l'atletica ci sono nomi che ne hanno scritto pagine felici come Salvatore Morale, Roberto Frinolli, Eddy Ottoz, Paola Pigni, Giacomo Crosa, Erminio Azzaro, Pippo Cindolo. Pochi metri più in là, è bello vedere in azione, impegnato in una serie di test, il primatista italiano dei 110 ostacoli Emanuele Abate, l'ultimo recente acquisto dell'ex Scuola di Atletica, ora Centro di Preparazione Olimpica, di Formia.

a.c.s.

CALIFORMIA (di Giorgio Cimbrico) - In un vecchio numero di Atletica, il pezzo sul meeting in scena su questo golfo del Lazio nel Sud era titolato “Formia o California?”. E già l’etichetta portava profumi di mare e di costa, di sole e di pesce fresco, di agrumi e di un meraviglioso ozio attivo che laggiù era abituale sin dal tempo dell’età claudia. In questo senso, molto classico, Formia è stata ginnasio e palestra per lo studio di quel complesso meccanismo che è il corpo umano e arena per i ludi che hanno avuto in Elio Papponetti l’impresario teatrale e il Lentulo Battiato dei tempi moderni senza che i suoi gladiatori indossassero corazze o portassero armi, al massimo aste, come quella che quasi un quarto di secolo fa proiettò Sergei Bubka a 6,09. Formia è un luogo che ha saputo attirare uomini e donne di ogni parte del mondo, animati da motivazioni che affondavano nella concezione antica del pensiero e dell’azione, creando una lunga genealogia di sapiens e di faber riuniti su questo tratto di costa, attorno a quella pista, in quella palestra, in quella biblioteca. Il luogo è finito anche nel film di Bud Greenspan sui Giochi di Los Angeles, in quel gioco di vite parallele tra Ulrike Meyfarth e Sara Simeoni: nell’inverno di avvicinamento all’Olimpiade Ulrike, coperta da un pesante giaccone, si reca nel padiglione al coperto che ospitava gli allenamenti attraversando brume e prati chiazzati di neve; Sara, in calzoncini e maglietta, si avvicina a una pedana inondata di sole, tra siepi di ligustro e oleandri. Mai come nei momenti di celebrazione, diventa agevole – e commovente - ricostruire grazie a fotogrammi rinvenuti negli angoli della memoria: il volto attento, dalle pieghe severe, di Carlo Vittori che qualcuno definì il Magnifico Rettore; l’impegno, che qualcun altro definì francescano, di Pietro Mennea; il succedersi delle generazioni che, intraprendendo quel viaggio, dovevano sentirsi intimoriti e orgogliosi, come i giovani ammessi a varcare le porte di Cambridge, di Heidelberg o di Harvard; la sensazione, mai sparita, di avere a disposizione un luogo perfetto in cui molto è stato costruito e ancora molto può essere costruito. La classicità ha questi richiami irresistibili.

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Giovanni Malagò ed Emanuele Abate (foto Mezzelani/GMT)


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