Una storia al giorno

10 Febbraio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

10 febbraio. Tapio Korjus viene da Vehkalahti, un paese della Carelia, sudest della Finlandia, non lontano dal confine russo, uno di quei luoghi silenziosi, sperduti e verdissimi che si ritrovano nei romanzi picareschi e divertenti di Arto Paasilinna. Oggi compie 53 anni e verrà ricordato come l'uomo del settimo sigillo, impresso nella specialità più amata e nell'occasione più importante.

Myrra, Myrra, Jarvinen, Rautavaara, Nevala, Harkonen è la successione olimpica dei giavellottisti finnici, che con quei successi hanno avuto diritto a entrare nel Kalevala (il poema epico di lassù) dello sport. Tapio, che in realtà di primo nome fa Seppo, non arrivò a Seul da favorito: il ruolo toccava a un giovane ceko piuttosto promettente (Jan Zelezny) e a Seppo Raty che un anno prima aveva sorpreso e domato la concorrenza vincendo ai mondiali di Roma e che in patria veniva chiamato kahru, l'orso, o tykki, il cannone. Korjus non aveva soprannomi.

Biondo e con un volto severo e impenetrabile, Tapio poteva al massimo aspirare a recitare da outsider, forse a puntare al podio, ma riuscì in un'impresa spesso mancata da leggendari e illustri colleghi nella storia della specialità spesso etichettata come aleatoria: non rimanere a un abisso dal record personale. Alla breve: non è da tutti presentarsi con 86,50 e portar via il vello d'oro con 84,28. Lui ce la fece. Un regolarista.

Il 25 settembre 1988 (la data precisa è d'obbligo), Tapio prese la testa al primo turno, fu passato da Zelezny e da Raty, senti un crampo mordergli la gamba sinistra e rinunciò al terzo e al quarto lancio. Al quinto fece nullo. "A quel punto mi sono detto: tutto o niente. E capii subito che il lancio mi era riuscito. Si vedeva che volava bene". Parole semplici per un'impresa consumata sul filo dell'ultimo lancio. Non di Tapio, ma di tutta la gara. Zelezny fregato per l'inezia di sedici centimetri, Raty a un metro e qualcosa.

Dopo i Giochi coreani, Korjus non combinò più nulla di rilevante, Raty salì su altri due podii a cinque cerchi e Zelezny, sorseggiando una Pilsener, è autorizzato ancor oggi a recriminare: se l'uomo della Carelia non avesse trovato quel lancio, il boemo oggi sarebbe il terzo pokerista della storia dopo Al Oerter, il Discobolo dell'evo moderno, e Carl Lewis, il Figlio del Vento.

Giorgio Cimbrico

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