Una storia al giorno

09 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

9 gennaio. La 129° ricorrenza della nascita di Charles Bacon (niente a che fare con Francis, uno degli ultimi pittori degni di questo titolo) può servire a un gruppetto di osservazioni. Innanzitutto che il mondo di un secolo fa era molto più semplice, diretto, sincero: dopo la medaglia d’oro nei 400hs a Londra 1908, la figurina con la sua effigie (e con il profilo dello stadio di White City) finì nei pacchetti di sigarette insieme a quelle degli altri campioni olimpici e delle stelle del calcio, del cricket e del baseball.

Che il fumo faccia male lo sanno tutti, lo sapeva anche sir Walter Raleigh che prese il vizio dai pellerossa dopo esser sbarcato in Virginia e aver assaggiato il suo primo sigaro. Insomma, meglio le figurine che le avvertenze “se fumi muori” o “se fumi, i tuoi spermatozoi deperiscono”. E con questo è meglio chiudere perché mi hanno avvertito detto che queste mie storielle quotidiane finiscono anche su Facebook dove i paladini del no smoking e del rauchen verboten saranno tanti e severi e lieti di prendersela con un povero vecchio che quando non era così vecchio fumò sull’imperiale di un bus di Londra. All’inizio degli anni Settanta era ancora permesso.

Spenta la cicca, non resta che tornare a Bacon che accoppiò vittoria olimpica a record del mondo, portato a 55”0 e riconosciuto dalla Iaaf come primo limite della distanza dopo un’accurata indagine. durante la finale Charlie aveva incocciato in un barriera (peccato mortale, al tempo) ma gli investigatori appurarono che l’ostacolo si trovava su un’altra corsia e così aveva finito per correre una distanza maggiore. Inutile osservare che la preparazione di pista e pedane doveva essere abbastanza approssimativa.

Altra osservazione: non è vero che il binomio “divisa e sport” sia un’invenzione dei vecchi regimi comunisti e che l’Italia se ne sia impadronita offrendo una miriade di sistemazioni con le stellette. Capitava già ai tempi di Bacon e dei grandi martellisti di inizio secolo: essendo tutti di radice irlandese, erano tesserati per l’Irish American Athletic (che fu anche il club di Emilio Lunghi nella sua avventura oltre Atlantico) ed ebbero un posto nel New York City Police Department, meglio noto, grazie al cinema, come NYCPD e al tempo feudo di chi veniva dall’isola verde. Per alcuni era un buon modo per mettersi in tasca uno stipendio e allenarsi in pace. Non per tutti: Matt McGrath, quattro volte ai Giochi con un raccolto di un oro e due argenti, rimase in servizio sin oltre i sessant’anni raggiungendo il grado di ispettore. Non sono riuscito a scoprire se fumasse.

Giorgio Cimbrico

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