Una storia al giorno

06 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

6 gennaio. L’unico ad aver vinto quattro medaglie d’oro in una volta, senza staffette a rendere meno dura l’impresa, è e rimarrà nei secoli Alvin Kraenzlein, scomparso nel giorno dell’Epifania di 86 anni fa. Alvin era un tedesco del Minnesota, stato popolato da un gran numero di emigrati dal Nord Europa: il padre, che non era fesso, si era messo a produrre birra e aveva acquisito una certa tranquillità economica. Neanche Kraenzlein era fesso e lo dimostrò a Parigi, nella caotica edizione del 1900.

Tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX la supremazia nel salto in lungo si giocava proprio tra lui, alfiere dell’Università di Pennsylvania, e Meyer Prinstein, dell’Università di Syracuse. Nel ’98 Prinstein aveva portato il record mondiale a 7,23 e l’anno dopo Kraenzlein aveva risposto con una raffica di progressi: un doppio 7,29 e un 7,40 (tutti nella stessa gara), e un’accoppiata 7,42-7-43 di lì a un mese. Nell’imminenza del viaggio verso Parigi, Prinstein si era ripreso il record atterrando a 7,50 alle Penn Relays affibbiando una randellata a Alvin, secondo a 43 centimetri. Inutile sottolineare la grandezza di queste misure ottenute in impianti precari, da veri dilettanti.

A Parigi la miglior misura della qualificazione fu di Prinstein con 7,17. Il regolamento dell’epoca prevedeva che la prestazione valesse anche per la finale che poteva risolversi in una formalità: molti americani, ferventi cristiani, non gareggiavano la domenica. E così anche Prinstein, che pure era di religione ebraica e aveva fatto uno strappo scendendo in pedana il sabato, non gareggiò su invito di un dirigente Usa. Contro ogni previsione Kaenzlein saltò, arrivo a 7,18, vinse. Prinstein se la prese  male e vecchie cronache testimoniano che tentò di allungare un pugno al compagno di squadra che lasciò Parigi da trionfatore. Aveva vinto i 60 in 7”0, battendo di un nulla proprio Prinstein, i 110hs e i 200hs.

Le barriere erano il suo forte e di lui si dice sia stato il padre della tecnica moderna, con la gamba d’attacco parallela al terreno: sugli alti, tre record del mondo; sui bassi, uno. In realtà il primo tracciatore di questo nuovo sentiero era stato, quindici anni prima, il britannico Arthur Croome, ma Alvin, studente di odontoiatria – più tardi dentista e allenatore di football e atletica - sapeva estrarre dagli altri e da sé il meglio. Magari ricorrendo anche a qualche gherminella. Come quel 15 luglio 1900 sui campi del Bois de Bolougne, il luogo di un poker che nessuno ha saputo uguagliare.

Giorgio Cimbrico

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