Una storia al giorno

19 Dicembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

19 dicembre. C’è una visione legata a questo giorno del 1777: George Washington prega nella neve dopo aver portato quel che rimane della sua armata a Valley Forge, Pennsylvania, il quartiere d’inverno in cui leccarsi le ferite dopo un’estate segnata da rovesci contro l’esercito britannico. La più ovvia delle domande è: cosa ha a che fare una delle più drammatiche pagine della Guerra d’Indipendenza delle Colonie Americane con il nostro quotidiano appuntamento con storie più o meno scontate, più o meno lontane, dell’atletica? C’entra, perché a una voce che avevamo sentito echeggiare molti anni fa, si è aggiunto qualche interessante nuovo reperto, trovato qua e là, rete compresa.

Evitando il condizionale che affatica la narrazione e, ovviamente, la rende più debole, il Padre della Patria è anche il padre molto nobile del salto in lungo. Il merito della scoperta va attribuito a Norris McWhirter, grande appassionato di atletica, fervente collezionista di fatti e aneddoti, che in una delle opere di William Makepeace Thackeray (il suo capolavoro è “La Fiera delle Vanità”) ha scovato che un colonnello americano chiamato George Washington aveva saltato 22 piedi e 3 pollici; traducendo secondo un sistema più vicino a noi, 6,78. Thackeray non dice né dove né quando la misura sia stata raggiunta, ma in questo caso può venire in soccorso il ruolino militare del virginiano che a quel grado era stato elevato nel 1755 (a 23 anni) durante quella che gli americani chiamano Guerra Franco-Indiana, una faccenda dannatamente sporca che sparse di atrocità la linea di confine tra Canada e colonie britanniche. Chi ha voglia di approfondire senza annoiarsi, può leggere Manituana dei Wu Ming o scorrere le magnifiche tavole di Hugo Pratt in Wheeling.

Per quell’epoca Washington era un uomo straordinariamente prestante: la maggior parte delle fonti lo danno alto sei piedi, 1,83, ma qualcuna si spinge a collocarlo a 1,91. Era cresciuto nella tenuta paterna (una piantagione di tabacco, lavorata da schiavi), era vigoroso e conosciuto per essere un eccellente cavallerizzo. Inutile sottolineare quanto la misura sia straordinaria (Washington come Beamon?) specie se rapportata a quanto offrono i sacri testi sulla cronologia dei record del mondo.

Il primo nome che può esser rinvenuto è quello del professionista irlandese Adam Wilson che nel 1827 saltò 17 piedi e 9 pollici, 5,41. Il progenitore degli amateur è Edward Bourke, 19 piedi e 6 pollici, 5,94 nel 1857, poco dopo la conclusione della Guerra di Crimea. L’exploit del colonnello virginiano – nel frattempo diventato generale, presidente dei neonati Usa e scomparso nel 1799 – verrà superato da Jenner Davies. Per il britannico e per quel 6,88 esistono i dati conformi: venne il 27 marzo 1872 a Londra, stadio di Lillie Bridge, dove di lì a due anni, durante un match tra Oxford e Cambridge, lo stesso Davies avrebbe sfiorato di tre centimetri – poco più di un pollice – la barriera dei 7 metri.

Il primo americano ad affacciarsi con modalità ufficiali è Malcolm Ford, 7,08 a Brooklyn, nel 1886 ed è terribilmente affascinante pensare sia stato lui a strappare il record nazionale all’uomo già finito su monete e francobolli del Paese che aveva fortemente collaborato a costruire.  

Giorgio Cimbrico

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