Una storia al giorno

28 Settembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

28 settembre. Qualcuno, quel giorno di tredici anni fa, finì per citare Montalban: “La marcia è stata assassinata verso mezzogiorno”. Eravamo a Sydney, era l’esordio olimpico della 20 km donne e finì con tre passi nel delirio. Tutto ebbe inizio appena dopo il 16° chilometro, con un trio che sembrava destinato a spartirsi le medaglie: la cinese Liu Hongyu, l’australiana Jane Saville, l’azzurra Elisabetta Perrone, argento a Atlanta sulla mezza distanza. La prima ad essere fulminata con la paletta rossa è Liu. Dopo, tocca a Betty che non ci crede. “Devono aver fatto un errore”, pensa la piemontese e continua a marciare. Ma quando passa davanti al tabellone delle sanzioni si accorge che è proprio così. Sorriso amaro, lacrime: il repertorio è sempre lo stesso.

A questo punto quelli che pensano male, sono accontentati. Siamo in Australia e in testa ne è rimasta soltanto una, un’australiana. Non è così: giusto prima di sbucare in pista, per lasciarsi nelle suole gli ultimi 150 metri, anche Jane viene atterrata: la comunicazione fatale viene dal capo dei giudici, Lamberto Vacchi che quest’anno ha appeso le palette al chiodo dopo oltre quarant’anni passati a giudicare i passi altrui. “Capisco lo stato d’animo di Elisabetta, ma non feci che applicare il regolamento. C’è stato il tempo per chiarirci. La marcia è così, bellissima e e spietata”. L’oro è della cinese Wang Liping (e il pubblico aussie educatamente applaude), l’argento è della norvegese Kjersti Platzer (e Sandro Damiano si arrabbia) e, dopo questa ecatombe, Erica Alfridi, quarta, finisce a un minuto dal podio, completato dalla spagnola Maria Vasco.

Le premesse erano state tracciate sei giorni prima, in fondo a una 20 km umi che aveva visto la vittoria in “volata” del messicano Bernardo Segura davanti al formidabile “pedone” di Polonia Robert Korzeniowski. Segura, sombrero piantato in testa e tricolore sulle spalle, stava festeggiando quando Vacchi gli comunicò che il titolo olimpico non era cosa sua: era stato squalificato ma qualche ritardo di comunicazione aveva impedito che il provvedimento scattasse subito, evitando una coda molto piacevole. Korzeniowki stava parlando al cellulare con la moglie quando gli diedero la notizia. “Scusa, cara, ma mi stanno dicendo che ho vinto io. Sto diventando pazzo di gioia”. E’ necessario dire che da quel momento simili mattanze nelle battute finali o dopo il traguardo non sono state più ripetute evitando alla marcia di esser messa in discussione nel futuro olimpico.

Giorgio Cimbrico



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