Una storia al giorno

18 Settembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

18 settembre. “Per voi poche speranze: non avete altro che lui”. “E’ tutto quello di cui abbiamo bisogno”: il colloquio tra Jocelyn Delecour e Paul Drayton avviene mentre le squadre si avviano alla partenza della 4x100. Il luogo è Tokyo, la data è il 21 ottobre 1964. L’americano risponde al francese con lo stesso tono usato dai boeri al tempo della guerra spietata contro i britannici: “Noi abbiamo la Maxim”, una delle prime mitragliatrici. Anche Bob Hayes, scomparso il 18 settembre 2002, prima di compiere i 60 anni, mitragliava i suoi passi, cannoneggiava la pista in terra, la rendeva simile a una trincea della prima guerra mondiale.

Delecour aveva torto e aveva ragione: d’accordo, gli americani avevano non avevano grandi speranze ma avevano lui, il toro di Jacksonville che aveva vinto i 100 correndo in prima corsia, malconcia dopo l’avvio della 20 km di marcia e il 10”0 rubricato in un albo piuttosto pletorico era in realtà 10”06. In semifinale, Bob era entrato nei tempi moderni, li aveva anticipati: 9”91, con un vento di coda superiore ai 5 metri. Ai Giochi si era presentato con 48 vittorie di fila sulla distanza metrica e su quella imperale e con credenziali storiche: 9”1 nelle 100 yards, 6”0 nelle 60.

Gli americani hanno scritto - e continuano a scrivere - pagine horror nella fase del passaggio del bastone, che noi latini abbiamo battezzato “testimone”. Anche quel giorno Drayton, Gerald Ashworth e Richard Stebbins non si coprirono di gloria e al momento del terzo cambio Bob si ritrovò quinto, tre metri dietro la Francia che in ultima frazione si era affidata a chi nutriva molte sicurezze e attribuiva poche chances agli americani: Delecour. Bob divorò la pista, masticò gli avversari, inghiottì Jocelyn che, dietro la Polonia, riuscì a salvare il bronzo su un’arrembante squadra su cui in pochi avevano puntato: la Giamaica. Partito con tre metri al passivo, Hayes arrivò con altrettanto margine di segno più e con un record del mondo portato a 39”0/39”06.

Nessuno registrò uno split attendibile e su quella frazione e fece presto a fiorire una leggenda che trasformò Bob in un incrocio tra Ercole e Mercurio per via dei muscoli e delle ali ai piedi. Qualcuno azzardò che avesse triturato la tennisolite (calpestata per l’ultima volta ai Giochi) in 8”5 ma la versione più attendibile gli attribuisce 8”9. Fisico imponente e capacità subitanea di accelerazione gli furono molto utili quando passò alla Nfl obbligando gli avversari dei Dallas Cowboys a adottare nuovi schemi difensivi. Non sempre funzionavano: lo testimoniano i 71 touchdown messi a segno nei dieci passati in Texas.

Hayes è l’unico atleta della storia ad aver affiancato l’oro olimpico (nel suo caso, due) a un anello del Superbowl, ma il suo ingresso nella Hall of Fame del football fu lento, ostacolato dalla sua frequentazione con l’alcol e con la droga. Quando lo ammisero, nel 2009, era stato sconfitto dal cancro sette anni prima.

Giorgio Cimbrico



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