Una storia al giorno

15 Settembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

15 settembre. Il ’68 portò venti forti, in tutti i sensi, rivoluzionò, e anche l’atletica ne fu spazzata. Nelle primissime ore, secondo i fusi europei, di questo giorno le agenzie trasmisero un altro risultato sconvolgente che arrivava dall’alta quota di Echo Summit, a Souh Lake Tahoe, California, sede dei Trials scelta per la stessa quota (2250 metri sul livello del mare) di Città del Messico che di lì a un mese avrebbe ospitato i primi e unici Giochi in altitudine.

Due giorni prima, John Carlos aveva dato una nuova dimensione ai 200 bruciandoli in 19”7, lasciando Tommie Smith a quasi tre metri ma indossando le famigerate scarpe a 68 piccoli chiodi, soprannominate brush, spazzole. Il record non sarebbe mai stato portato alla ratifica della Iaaf ma la prestazione preannunciava una nuova scala di valori e quel che sarebbe capitato in Messico.

Ora toccava ai 400, da correre in un luogo curioso: sul prato di South Lake Tahoe crescevano pini che dalla tribuna principale impedivano una totale visione della pista. Il record del mondo, così come quello dei 200, era in mano a Tommie Smith, 44”5 due anni prima in una gara sul quarto di miglio chiusa in 44”8. In quell’occasione, prima del via, l’allenatore di Smith, Lloyd Winter detto Bud, aveva annunciato con una certa vena di ottimismo che il suo allievo era pronto a correre in 43”, forse in un 42” alto. A Echo Summit quel record fu assalito come una preda da un branco di lupi affamati: Lee Evans corse in 44”0, Larry James in 44”1 e sotto i 45” andarono anche Ron Freeman, 44”6, e Vince Matthews, 44”8, che due settimane usando i famigerati chiodini si era spinto a 44”4.

Caso non unico nella storia dell’atletica (nel ’32 Robert Tisdall conquistò l’oro olimpico nei 400hs ma il limite mondiale finì in mano a Glenn Hardin, perché l’irlandese aveva abbattuto l’ultima barriera), il record del mondo non toccò in sorte al vincitore, ma al secondo, sempre per via delle calzature proibite: Evans le indossava, James no. Il suo regno fu breve, un mese. Senza l’ausilio delle “spazzole”, a Mexico City Evans vinse una delle più clamorose finali della storia olimpica e non solo della nobile distanza: sia lui, 43”86, che Larry, 43”97, scesero sotto il muro e Freeman in 44”41 divenne il terzo della storia. Dieci minuti prima Bob Beamon era atterrato a 8,90.

Giorgio Cimbrico



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