Una storia al giorno

29 Agosto 2013

Persone e vicende dell'atletica di sempre

29 agosto. Quarant’anni fa, un giorno triste per Gessate Milanese. Scompare Romeo Bertini che sembra uscito da una canzone di Enzo Jannacci: guardiano allo zoo comunale, lepre o inseguitore del tram che dal sobborgo natio conduce a Porta Venezia. Il concetto di allenamento, un secolo fa, era molto empirico.

Dopo Pietri che, secondo parole dello stesso Dorando, conquistò e perse la vittoria (ma non gloria e ricordo) e dopo il bronzo di Anversa che Valerio Arri salutò con una serie di salti mortali (Valeria Straneo lo ha imitato con il flik flak improvvisato sul traguardo di Mosca), il terzo capitolo della storia della maratona italiana ha per protagonista Romeo sulle strade di una Parigi bollente. Era il 13 luglio 1924, vigilia della festa nazionale, e la giuria decise di posticipare la partenza di due ore e mezza e portare il colpo di pistola a un orario più umano: le 17,30. Malgrado il gesto di clemenza, la metà dei partecipanti (28 su 58) non arrivò al traguardo.

Fu una gara in cui l’esperienza giocò un ruolo determinante. Sufficiente dare un’occhiata alle date di nascita di chi finì per salire sul podio: Albin Stenroos, finlandese, aveva 35 anni; Bertini 31 e l’americano Clarence DeMar 36. Stenroos, che lavorava in uno dei settori più prosperi di Suomi (il legname), prese la testa dopo il 20° chilometro e si rese irreperibile vincendo in un tempo reso modesto dalle durissime condizioni climatiche: 2h41’22”, a quasi 9’ dal record del mondo del suo connazionale Hannes Kolehmainen, che lo aveva ottenuto quattro anni prima diventando campione olimpico ad Anversa.

Staccato di quasi 6’, Romeo tenne a bada DeMar che finì a quasi un minuto dall’azzurro. Al tempo le notizie non corrono, come oggi, alla velocità delle cellule impazzite ma l’americano, uno dei re della maratona di Boston, divenne un magnifico “scalpo” per il milanese. Settimo arrivò Boughera el Ouafi che quattro anni dopo a Amsterdam, nel giorno della resa di Bertini, conquistò la medaglia d’oro per la Francia trasformandosi anche nel primo africano a diventare campione olimpico. Algerino, operaio alla Renault, el Ouafi è uno dei maratoneti che conobbero un atroce destino: il suo, più di trent’anni dopo il suo jour de gloire, fu di finire per caso nel mezzo di una sparatoria mentre beveva un caffè in un bistrot. 

Giorgio Cimbrico



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