Un giorno, un'impresa

20 Maggio 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

20 maggio. Due anni fa, prima di compierne 65, muore per un cancro al pancreas Bjorn Bruch detto Ricky, il barbuto svedese XXXlarge (2,00 per 130 chili) che non nascose mai di aiutarsi con steroidi ma che riuscì a non farsi mai beccare ai controlli. E questo la dice assai lunga sull’efficacia di quegli esami.

Di lui raccontano che improvvisasse gare quando sentiva il braccio caldo e un fondo piuttosto spesso di verità esiste: il 10 settembre 1972, otto giorni dopo aver rimediato il bronzo olimpico a Monaco di Baviera, spedì il disco a 68,58 ma il record non venne mai portato all’omologazione perché ad affrontarlo c’era solo un altro atleta e un terzo, bontà sua, si presentò solo al quarto turno.

Ricky, in ogni caso, già guidava la lista di tutti i tempi: il 5 luglio, al meeting di Stoccolma, aveva lanciato a 68,40 lasciando a tre metri abbondanti Ludwig Danek, da tutti chiamato il fabbro boemo. Danek, che in pedana sotto la canottiera indossava sempre una maglia della salute a maniche lunghe, vinse l’oro all’Olympiastadion chiudendo l’interminabile regno di Al Oerter. Quel giorno Ricky si fermò cinque metri più in basso del suo fresco limite mondiale che sarebbe stato ritoccato di 8 cm tre anni dopo dal sudafricano Jh Van Reenen, dotato di braccia tentacolari.

Lo spessore agonistico di Bruch nelle grandi competizioni è sempre stato relativo: il bronzo olimpico va affiancato allo stesso piazzamento agli Europei di Roma ’74 ed è tutto. Al pari di molti colleghi, soprattutto americani, sapeva dare il meglio in luoghi particolari o in momenti singolari: la conferma viene dal suo formidabile record personale, centrato con 71,26, a 38 anni, a metà novembre dell’84 sulla pedana amica di Malmoe.

Eccessivo e clownesco negli atteggiamenti, trovò ingaggio in Italia finendo sullo schermo al fianco di Giuliano Gemma in “Anche gli angeli tirano di destro” (la risposta svedese a Bud Spencer?) e in patria recitò in altri quattro film, nessuno dei quali firmato da Ingmar Bergman.  

Giorgio Cimbrico



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