Un giorno, un'impresa

22 Aprile 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

22 aprile. Cinque anni fa scompaiono novantenni Dora Ratjen e Heinrich Ratjen, uno dei Victor/Victoria dell’atletica, le due facce di una saltatrice/saltatore che a Berlino avvicinò il podio dell’alto (quarta? quarto?) e che i dirigenti tedeschi decisero di mandare in pedana: stessa chance non ebbe Gretel Bergmann, ebrea richiamata in patria dall’Inghilterra per evitare boicottaggi, compagna di stanza di Dora/Heinrich che tutte le altre ragazze giudicavano… un po’ strana. Sufficiente dare un’occhiata a vecchie foto per dirsi d’accordo.

Due anni dopo, agli Europei di Vienna (gli uomini gareggiarono allo stadio parigino di Colombes), Dora/Heinrich salì in alto come mai le/gli era riuscito, conquistando il titolo e portando il record mondiale a 1,70, quarto limite dopo quelli che aveva ottenuto nel ’37 a Krefeld (1,65) e nel ’38 a Gottingen e Saarbrucken (1,66 e 1,67) prima dell’acuto viennese.

Fu proprio al ritorno dall’Austria, che qualche mese prima era stata annessa alla Germania creando GrossDeutschland, che Dora/Heinrich venne smascherata/o, squalificata/o, privata/o del titolo europeo e del record del mondo. Pare abbia detto di esser stata convinta a gareggiare come donna da dirigenti della Gioventù Hitleriana ma di esser sollevata dalla scoperta della verità. Fu solo molti anni dopo, nel ’57, che parlò di sé e della propria strana identità sessuale, confessando di esser stata battezzata come bambina, ma di esser stata costretta a notare, con la crescita, una mutazione dei propri caratteri.

Giorgio Cimbrico



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