Un giorno, un'impresa

28 Marzo 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

28 marzo. Nel 1985, ad Amburgo, lascia questo mondo Gerhard Stock, uno che di cose ne aveva da raccontare.  Ad esempio che il 2 agosto 1936, all’Olympiastadion di Berlino, aveva partecipato alla finale del peso e ne era uscito con la medaglia di bronzo, dietro a un altro tedesco, Woellke e al finlandese Baerlund, e non era poco per chi con la palla di ferro si dilettava ogni tanto. Quattro giorni dopo, la gara che era l’arte sua, il giavellotto: quinto sino al quarto turno di lancio, davanti a uno Matti Jarvinen dalla schiena malconcia, indovinò la prova buona proprio quando Adolf Hitler fece il suo ingresso in quel moderno tempio pagano spedendo la “lancia” a 71,84, un metro abbondante oltre gli altri due finlandesi Nikkanen e Toivonen. Il cancelliere ne fu molto compiaciuto: Stock era bello, l’incarnazione delle statue di Arno Breker, lo scultore del Reich. Ma in realtà il momento che lasciò un segno indelebile sulla sua vita non è legato a uno stadio, a une pedana: venne nel novembre del ’42, settore nord del fronte di Stalingrado, quando in una mattina di freddo che già assaliva, sentì un rombo, disappannò le lenti del binocolo Zeiss e vide i carri con la stella rossa che irrompevano. Al tenente Stock non rimase che riferire ai superiori che la grande tenaglia si stava chiudendo su trenta divisioni tedesche.

Giorgio Cimbrico



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