Quando gli Europei finiscono per 6

30 Giugno 2016

In attesa di Amsterdam 2016, le storie dei protagonisti azzurri della rassegna continentale nelle edizioni 1946, 1966, 1986 e 2006

di Giorgio Cimbrico

Amsterdam 2016 dietro l’angolo invita a un giochetto e a un quadruplice flashback: quando gli Europei hanno il 6 come numero finale, il raccolto azzurro gravita tra il sostanzioso e il decisamente buono. Pronti e via.

1946: è il primo ritrovarsi dello sport, non solo dell’atletica, dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia atterra a Oslo dopo un lungo e periglioso volo narrato con spirito e leggerezza da chi se n’è andato di recente, Carlino Monti, proiettato subito sulla pista del Bislett per raccogliere ll terzo posto in 10”8 dietro il britannico Archer e il norvegese Tranberg. Inizia un’avventura lunga otto anni per la coppia Adolfo Consolini-Beppone Tosi, primo e secondo qui, all’Heysel di Bruxelles e al Wankdorf di Berna: Castore e Polluce vengono dal lago di Garda e dalla valle del Ticino. La poliedrica Amelia Piccinini, capace di raccogliere una miriade di titoli italiani nel peso, nel lungo, nel pentathlon, sceglie la pedana circolare ed è terza a un soffio dalla francese Micheline Ostermayer, eccellente pianista. Con 1-1-2 l’Itaia è ottava nel medagliere.

1966: Eddy Ottoz e Roberto Frinolli senza ostacoli – le barriere ci sono ma non sono un problema… - a conferma di una tradizione e di una scuola che lasceranno meravigliose tracce nell’ampio arco degli anni Sessanta: le punte del’iceberg sono le medaglie olimpiche del valdostano e di Tito Morale, eurocampione nel ’62.

Eddy vince sugli alti in 13”7 lasciando a tre decimi il tedesco ovest John; Roberto domina i bassi affibbiando mezzo secondo tondo (49”8 a 50”3) a un altro tedesco federale, Gerhrd Lossdorfer. “Ero il favorito e ricordo di aver vinto con un buon margine”, collabora Frinolli, scovando un vecchio filmato in cui il vantaggio in realtà risulta abissale e gli permette un arrivo in parata. Abdon Pamich raddoppia il successo di Belgrado con un margine superiore al minuto sul sovietico Agapov e affianca la doppia corona europea a quella olimpica. L’Italia con 3-0-0 è quinta nel medagliere.

1986: sono i giorni ruggenti di Mei-Cova-Antibo e “dell’ultima curva dove è tutto uno scintillio azzurro” nell’eccitazione che assale Paolo Rosi; di Bordin-Pizzolato che distruggono il gallese Steve Jones che sulle strade di Stoccarda si presenta da primatista mondiale per uscirne piegato in due; della fuga coraggiosa di Francesco Panetta, volpe ripresa dalla muta e ancora in grado di vibrare un ultimo colpo di coda, appena alle spalle di Melzer; di Laura Fogli che lascia che Rosa Mota porti lontano il suo minuto corpo e si concentra a regolare il resto della compagnia; di Maurizio Damilano che cede solo alla guardia forestale Jozef Priblinec; del magnifico volo librato di Robert Emmyan (8,41, nella migliore stagione dell’armeno volante) e del posto trovato sul podio, terzo, da Giovanni Evangelisti.

L’Italia con 2-6-2 è quinta nel medagliere.

2006: dopo il titolo olimpico, nella sera di Atene tempestatata di luci vivide e di un caleidoscopio di bandiere, Stefano Baldini torna a piazzarsi in testa la corona continentale: prima volta, otto anni prima, a Budapest, nel giorno di un’altra eurotripletta, Baldini-Goffi-Modica. Stefano si districa tra fasci di binari e tiene alla giusta distanza il minuto svizzero Rothlin mettendo in vetrina ancora una volta lucidità e capacità tattica. Andrew Howe vive il suo biennio felice: l’Ullevi di Goteborg ne è una tappa. Birmingham e Osaka saranno le successive. Alle sue spalle, a 7 cm, un poderoso giovanotto di pelo rosso, Greg Rutherford che di lì a qualche stagione darà il via a una formidabile collezione. Nella 20 km dominata dalla bielorussa Ryta Turava, Elisa Rigaudo arriva a poco più di un’unghia da Olga Kaniskina. L’Italia con 2-0-1 è nona nel medagliere.

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