Quando Usain diventò Bolt

03 Maggio 2018

Dieci anni fa, 3 maggio 2008, record mondiale dei 100 metri sfiorato con 9.76 a Kingston. Da quel giorno è nato il mito del fulmine giamaicano.

di Giorgio Cimbrico

Bolt, Usain Bolt, quello che si è preso un posto di qui all’eternità, il Lampo, il Titano, l’Arciere, l’interprete di una chanson de geste a rotta di collo, il padrone di record che non verranno battuti di qui al 2035, forse anche più in là, è nato dieci anni fa, il 3 maggio 2008, quando arrivarono quella notizia e quel tempo da Kingston, Jamaica: Bolt aveva corso in 9.76, a due centesimi dal mondiale reatino di Asafa Powell, dotato di irraggiungibile calligrafia e di agonistica codardia.

Bolt sui 100. Era possibile? Non era, l’ex-ragazzo prodigio, il velocista a una dimensione, il cavaliere nero della curva, il giovanotto ancora affetto da timidezza che aveva privato Donald Quarrie del record nazionale, lo specializzato dei 200? E poi, cosa poteva combinare uno lontano meno di due pollici dai 2,00 su una distanza in cui la partenza ha un’importanza, se non vitale, determinante?

In quei momenti qualcuno pensò di trovarsi in mano qualcosa di nuovo, di esplosivo e così, evitando tutto quel che Usain aveva scritto sulla sua distanza (19.93 a 17 anni e otto mesi, ad esempio), accantonando le delusioni che aveva patito ai Giochi di Atene (infortunato in batteria) e ai Mondiali di Helsinki (azzoppato e ultimo in finale, a sei secondi da Justin Gatlin), prendendo appena nota del doppio podio (200 e 4x100) a Osaka, riuscì a scoprire che era stato su un’isola che l’isolano Bolt aveva dato inizio ad altri fuochi: era capitato nell’estate 2007 a Rethimno, costa nord dell’isola di Creta. In un meeting spesso battuto dal vento, organizzato ai piedi del monte Ida, caro agli dei, Usain aveva corso in 10.03 con 0.7 a favore lasciando a quattro e a sette centesimi gli americani Leroy Dixon e Joshua Johnson. Era il 18 luglio: Usain stava per raggiungere i 21 anni e stava anche per tornare a casa, da Osaka, con qualcosa di importante in mano. Finalmente.

VIDEO | 3 MAGGIO 2008: USAIN BOLT 9.76 SUI 100 DI KINGSTON

Il giorno del 9.76 partì la caccia per metter le mani su qualche elemento in più, per provare a spiegare e a spiegarsi questa nuova dimensione, acquisita dopo adeguate spinte impresse da Glenn Mills, l’allenatore XXLarge che, dopo aver pesato talento e potenzialità, aveva capito che il futuro sarebbe stato su due fronti e li aveva imposti. Un dato, da classificare come premessa: l’8 marzo, a Spanish Town, antica capitale della Giamaica, Usain aveva corso in 10.03, uguagliando il personale cretese.

A quel punto iniziò l’attesa: il 17 maggio, sempre in uno scenario insulare (Port of Spain, Trinidad), Usain arricchì la sua piccola collezione di un secondo tempo sotto i 10”, 9.92: sarebbe risultato, al tirar delle somme, il suo nono tempo stagionale, alla pari con una delle prestazioni pechinesi. Due settimane dopo, il novello Lampo viene annunciato alla partenza dei 100 del meeting di New York, allora nel Grand Prix. La sua prima volta sulla terraferma? No. L’Icahn Stadium è a Randall’s Island. Un segno del destino?

È il 31 maggio, le prime ore europee del 1° giugno: la gara viene rinviata di un’ora per un acquazzone con lampi e tuoni che lascia la pista lucida di pioggia e con piccola qualche pozzanghera. Il via buono è delle 23.10, dopo una falsa di Mike Rodgers. Il vento è favorevole 1.7. La cronaca è a cura di Tyson Gay: “Ho corso forte, credetemi, ma lui fa passi più lunghi”. Gay, in effetti, corre forte, 9.85, ma quello che gli corre al fianco, in quarta corsia, corre più forte: Usain Bolt, 9.72. Il record del mondo cambia padrone ma rimane in Giamaica. “Sapevo che se partivo bene, avrei battuto Tyson”, confessa Usain che, lasciando i blocchi, limita i danni a un soffio impercettibile di tre centesimi: 157 contro 154 il tempo di reazione.

Tutto quel che è venuto dopo - Pechino, le abbacinanti comete di Berlino, la falsa di Daegu, Londra, Mosca, ancora Pechino, Rio, ancora Londra - è troppo noto, troppo celebrato per narrarlo da capo ancora una volta.

Questa è stata soltanto una piccola recherche, un “ritratto da cucciolo”, per dirla come Dylan Thomas, meraviglioso poeta ubriacone, o la visita a un percorso di formazione. Da quel momento, da quel 3 maggio di dieci anni fa, vederlo è stato Bello Oltre Limiti Terrestri. Bolt.

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