Mondiali Indoor da Budapest a Valencia

05 Marzo 2014

Continua il viaggio nella storia della rassegna iridata con i protagonisti delle tre edizioni dal 2004 al 2008

di Giorgio Cimbrico

Quindici anni dopo, si torna nell’arena di Budapest ma più che Mondiali sembrano campionati di quelle repubbliche russe poste sull’incerto confine tra Europa e Asia. La corona spetta a Tatiana Lebedeva, bashkira di Sterlitamak, nota per l’arditezza di certe tinture usate per la chioma oltre che per piedi alla dinamite. Inizia con il triplo, portando il record mondiale a 15,36 e affibbiando quasi mezzo metro alla seconda, Yamile Aldama, la donna che ha gareggiato sotto tre bandiere (Cuba, Sudan e Gran Bretagna) e per tre continenti. La misura rimarrà anche la più cospicua ottenuta da Tatiana che all’aperto chiude la carriera con un limite due centimetri più corto. E’ la conferma che spesso al coperto i salti hanno il loro migliore habitat. Lebedeva completa il fine settimana danubiano con il successo nel lungo alzando sabbia a 6,98 e fornendo un double raro.

Il resto del raccolto russo è assicurato dalle ascensioni delle ragazze di Volgograd che, anche nei cuori di chi non ha vissuto quell’eroismo e quell’orrore, rimarrà Stalingrad, il punto di svolta della guerra. Sono i momenti migliori della vita salterina di Yelena Slesarenko che va al di là di 2,04 e sono soprattutto i giorni in cui Yelena Isinbaeva va a sedersi – per rimanerci a lungo – sul trono aereo dell’asta: vince con 4,86, toglie il record del mondo a Svetlana Feofanova che da quel momento dovrà masticare amaro e dare l’addio ai suoi potentati. La successione è avvenuta, è un fatto, e di lì a pochi mesi Lena conquisterà ad Atene il suo primo oro olimpico.

Il muro dei 5 metri cadrà l’anno dopo. I salti danno il meglio e la pedana del triplo fa il pieno: dopo il mondiale di Lebedeva, arriva anche quello dello smilzo Christian Olsson da Goteborg, 17,83. Sul rettilineo e pista i momenti d ricordare sono quelli del serrato duello sugli ostacoli tra Allen Johnson e Liu che l’americano, dalla tecnica sublime, risolverà a proprio favore per sette centesimi, 7”36 a 7”43, e del dominio di Maria Mutola sugli 800: sesto titolo, a precedere il settimo sigillo che verrà due anni dopo a Mosca. Come vinceva la mozambicana ai Mondiali indoor e al meeting di Zurigo, non vinceva nessuna. Una collezionista instancabile.

Mosca 2006 offre il ritorno dell’Italia nel medagliere. Capita grazie a Andrew Howe che regala un bel crescendo nei due salti finali (8.14 e 8,19), buoni per strappare il bronzo al greco Tsatoumas. Davanti, il ghanese Gaisah, unico a praticare un salto complicato che gli frutta 8,30, e il panamense Saladino che tornerà nelle vicende del californiano-sabino. Nel tormentato percorso di Andrew, si sta aprendo uno squarcio di sereno: il podio mondiale moscovita precede il titolo europeo all’aria aperta a Goteborg, la conquista della corona continentale al coperto e la sera di Osaka quando, per un pugno di minuti, assaporerà il titolo mondiale. Fa capolino anche Antonietta Di Martino, quinta con 1,96 nella gara che segna il bis di Yelena Slesarenko. Titolo bis, nei 400, anche per Alleyne Francique che viene dalla piccola Grenada e può essere considerato l’uomo che apre la strada a un formidabile e lunghissimo compaesano, Kirani James.

Sorprendente il verdetto dei 60 hs: vince l’irlandese Derval O’Rourke, precedendo la piccola ispano-nigeriano Alozie, le americane e le gemelle Kallur. Ma l’isola smeraldo non produceva solo migliaroli? Di grande e nobile peso il podio dei 3000: nell’ordine, Bekele senior, Shaheen, Kipchoge. Non sempre i grandi della pista da un quarto di miglio evitano le rassegne sull’anello piccolo.

L’edizione a seguire va a Valencia, città in precipitosa trasformazione: il porto di Coppa America, il circuito cittadino di Fomula 1, la rivoluzione a firma Calatrava del centro e dell’agorà culturale. Della capitale del Levante non ha un buon ricordo Fabrizio Donato: a parità, 17,27, deve cedere la medaglia di bronzo al portoghese Nelson Evora: il tie break della seconda misura annuncia 17,26 a 17.10. il titolo, con un interminabile 17,75, è del britannico Philips Idowu, il tipo che con tutta la ferraglia che porta infilzata in varie parti del corpo, deve avere dei problemi quando passa il detector all’aeroporto. I 3000 vanno avanti nel segno dei Bekele: questa volta tocca a Tariku, il fratello più piccolo di una famiglia dove chi corre i 5000 oltre i 13’ è considerato un brocco. Gran spettacolo negli 800: in fondo a un testa a testa appassionante la spunta per quella che in ippica si chiama corta incollatura (dieci centesimi) il talento sudanese Kaki sul sudafricano Mulaudzi e sia l’uno che l’altro violano l’1'45. Indoor è sempre un bell’andare.

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Andrew Howe (foto Colombo/FIDAL)


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