La favola di Collio, in finale 15 anni dopo Pavoni



Era da quindici anni che non accadeva. Un italiano in una finale dei 60 metri ai Mondiali. L'ultimo era stato Pierfrancesco Pavoni, terzo nel 1989 proprio a Budapest (con Ullo quarto), la città che ha visto ripetersi oggi l'evento, per la verità poco frequente. L'artefice della piccola grande impresa in chiave azzurra è Simone Collio, da Cernusco sul Naviglio (patria di grandi "liberi" del calcio, tra i quali l'indimenticato Gaetano Scirea), 25 anni da compiere, settimo nella finale iridata della prova sprint questa sera sulla pista della Budapest Sport Arena. Il cronometro, al passaggio dell'azzurro, si è fermato sui 6.60 (oro al britannico Jason Gardener con 6.49, medaglie a Crawford, 6.52 e Theodoridis, 6.54); tempo certamente di rilievo, ma superiore all'eccellente 6.58 (personale eguagliato) corso nella semifinale chiusa al terzo posto. Soddisfazione grande, nelle parole di Simone. Ma anche un pizzico di rammarico (che non guasta mai, e in un atleta è sempre buon segno): "Per la tensione uno dei primi appoggi ha ceduto - le sue parole in zona mista, la voce ancora disturbata dal fiato grosso - altrimenti avrei potuto fare qualcosa in meno. Mi dispiace davero, ma allo stesso tempo, riflettendo, posso solo dire che sono felice. E' stata una stagione invernale magnifica, che mi ripaga del lavoro fatto con Roberto Bonomi, il mio tecnico. Io, in realtà, sto costruendo la stagione all'aperto, questi Mondiali non li ho finalizzati, quindi sono doppiamente soddisfatto". La finale mondiale proietta alla ribalta un nuovo azzurro in grado di sfidare le frecce dello sprint mondiale. Che potrebbe aver imboccato un bivio della propria carriera. "Ma io non cambierò mai - ride Simone - io l'atletica la faccio perché mi diverte da morire correre, non ho altri obiettivi. Anzi, ne ho soltanto di sportivi, il resto mi interessa meno. Voglio correre forte, quest'estate, sui 100 metri, fare il minimo per i Giochi e correre l'Olimpiade. E anche andare forte con la staffetta". Al gruppo, il ragazzo ci tiene. E molto. "Da soli, anche correndo in 10.15, possiamo fare poco. Ma insieme, formiamo un team in grado di fare cose superlative. Siamo sei, otto atleti tutti in grado di comporre una staffetta straordinaria. E' su questa che dobbiamo puntare, oltre che sui nostri progressi individuali". La scelta di vita, Simone l'ha già fatta. Tempo fa, prima scegliendo le Fiamme Gialle, poi andando ad allenarsi a Rieti, spostandosi da casa, lasciando gli amici per trovarne di nuovi (due nomi su tutti: Max Donati e Luca Verdecchia, che con lui formano un trio inossidabile). E soprattutto per trovare nuovi stimoli, sotto la guida ieratica di Roberto Bonomi, tecnico di impostazione e credo "vittoriani", uno che ama far parlare soprattutto i fatti (riuscendoci spesso molto bene). Gli studi di pianoforte (ancora oggi Simone intrattiene gli amici con la tastiera, e in ogni albergo, se c'è un pianoforte...) hanno formato il carattere di Collio, ragazzo dalla simpatia contagiosa ma allo stesso tempo definito da chi lo conosce bene come ordinato, metodico. Un ragazzo che può diventare un nuovo personaggio dell'atletica azzurra, se i risultati lo sorreggeranno. Manuela Levorato, invece, non ce l'ha fatta. La finale mondiale (poi vinta dalla 37enne statunitense Gail Devers, con 7.08) è rimasta una chimera, ma l'azzurra ha risposto alla grande dopo una batteria troppo brutta per essere vera. In semifinale, la Levorato ha chiuso in 7.24, finendo fuori dalla finale per tre centesimi di secondo. "Ma sono comunque soddisfatta di questa stagione invernale - il suo commento nel dopo corsa - ho fatto davvero bene, ho costruito una base eccellente per la stagione all'aperto, vero obiettivo del 2004. Ora farò una settimana di terapie e riposo, prima di riprendere a lavorare". Andrea Rabino è uscito dalla finale correndo un discreto 6.69, che fa il paio con il buon 6.66 della bateria. "Ho corso bene, peccato però che la partenza non sia stata brillante come quella di stamattina. Mettendo insieme le due mezze gare, sicuramente il risutlato sarebbe stato diverso. Ma mi è piacituo il lanciato, e per me è un fatto tecnico molto importante". Non è andato oltre la qualificazione dell'alto Andrea Bettinelli, eliminato con 2,24 e però vicino (in almeno uno dei tre tentativi) a superare il 2,27 che sarebbe valso l'accesso alla finale. Marco Sicari


Condividi con
Seguici su: