Il salto in alto agli Europei

06 Luglio 2016

La storia della specialità al maschile nella rassegna continentale, ricca di sfide sul filo dei centimetri

di Giorgio Cimbrico

Al 23° appuntamento che assegna la corona europea del salto in alto, l’equilibrio tra ovest e est del continente è perfetto: 11 vittorie vengono da una coalizione formata da Svezia (4), Gran Bretagna (2), Germania (ancora allo stato di Federale), Danimarca, Finlandia, Francia e Norvegia; 11 vittorie sono state conquistate da Urss+Russia (8), Jugoslavia, Polonia e Ucraina che potrebbe sottrarre un successo ai rossi-russi richiedendo la vittoria del povero Volodja Yashchenko, cosacco della regione di Zaporozje e ultimo aedo dello scavalcamento ventrale. Ucraini e russi hanno monopolizzato il podio dello zurighese Letzigrund, due anni fa: Bohdan Bondarenko 2,35, Andriy Protsenko 2,33, Ivan Ukhov 2,30.

Il record dei campionati è di Andrey Silnov, russo della regione di Rostov: quel 2,36, datato 2006 e concesso al pubblico dell’Ullevi di Goteborg, venne al termine di una serratissima lotta che finì per offrire il più “elevato” podio nella storia dei campionati: alle spalle di Silnov, il ceko Tomas Janku e il piccolo Stefan Holm, entrambi a 2,34. Curiosamente, Holm, campione olimpico nel 2004, quattro volte a segno nei Mondiali indoor e due negli Europei al coperto, non è mai stato campione europeo all’aperto.

L’incertezza ha camminato spesso sul filo… dell’asticella garantendo soluzioni thrilling, come a Spalato 1990 (medaglie distribuite nell’ordine al serbo Dragutin Topic, al russo Aleksandr Yemelin e al bulgaro Georgi Dakov, tutti e tre a 2,34), a Helsinki 1994 (il norvegese Steinar Hoen 2,35, l’esile polacco Artur Partyka e il britannico Steve Smith 2,33) o a Budapest 1998 (Partyka 2,34, il britannico Dalton Grant 2,34, il russo Sergey Klyugin 2,32). Di eccellente spessore anche la sfida, vecchia trent’anni al Neckarstadion di Stoccarda: il primatista del mondo, il kirghiso Igor Paklin, ebbe la meglio con 2,34 sul russo Sergey Malchenko e sul biondone tedesco Carlo Thranhardt, capaci di superare 2,31.

Il primo a scavalcare il muro dei 2,30, a Praga 1978, fu l’angelico Yashchenko, e sempre il mondo della vecchia Unione Sovietica fornisce anche il vincitore con più largo margine: Valeri Brumel diventò campione europeo a Belgrado 1962 superando 2,21, con 8 centimetri di margine sul magrissimo svedese Stig Pettersson. Il fuoriclasse di Tolbukino, Siberia, aveva appena portato il record del mondo a 2,26 scegliendo come teatro la statunitense Stanford, e chiuse la stagione incrementandolo di un altro cm allo stadio Lenin di Mosca. Brumel fa parte del terzetto che al successo europeo fece seguire quello olimpico, se pure con due anni di attesa: gli altri sono Dietmar Mogenburg (1982 e 1984) e Silnov (2006 e 2008).

L’unica medaglia azzurra è il bronzo di Erminio Azzaro al Karaiskakis del Pireo, nel 1969. Anche in questo caso, gara ispida, decisa dai “particolari”: titolo al russo Valentin Gavrilov, secondo posto al finlandese Reijo Vahala, terzo al saltatore di Pisciotta. Per tutti, 2,17. Al podio andò vicino, a Monaco 2002, Alessandro Talotti, 2,27, stessa misura dello svedese Staffan Strand, terzo.

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