Gabre Gabric cent'anni da Regina

14 Ottobre 2014

Compleanno speciale per l'ex discobola, azzurra ai Giochi Olimpici di Berlino 1936 e Londra 1948 e capostipite di una vera propria "dinastia atletica"

di Giorgio Cimbrico

Un po’ di tempo fa Lyana, la figlia, disse a Gabre Gabric che, “forse, mamma, sarebbe bene venissi a stare qui con noi ad Aosta”. E lei, in quella strana, affascinante lingua parlata dai dalmati d’Italia, rispose che “Per me meglio star qui da sola. Me va ben cossì”.

A cento anni l’azzurra con l’etichetta più antica, come un bordeaux o un barolo di pregio assoluto, non ha cambiato idea: così avrà tempo e concentrazione per rivivere questo secolo vissuto da piccola suddita di Francesco Giuseppe, da giovane residente negli Usa, da cittadina del Regno d’Italia e, più tardi, della Repubblica. Una vita che è storia, non solo sua, che pesca persino negli interrogativi tipici dei grandi personaggi, a partir dalla nascita. Che sia avvenuta a Imotzki, porzione di Croazia sotto la corona regia e imperiale, è certo.

Ma quando? Il 14 ottobre 1917 o il 17 ottobre 1914? Buona la seconda secondo i registri degli uffici di Ellis Island, dove approdò con il piroscafo President Wilson con la famiglia dopo che il vecchio mondo era stato spazzato via (il gran ribalton, lo chiamarono a Trieste) e anche secondo l’anagrafe olimpica alla quale Gabre venne iscritta per i Giochi di Berlino.   

C’è una vecchia foto del ’37, è in bianco e nero, e Gabre, bella, bionda e con gli occhi assorti, sembra una diva del tempo dei telefoni bianchi. L’anno prima, esordio olimpico nel tempio pagano in pietra cruda costruito per la maggior gloria del Reich millenario, destinato a nove anni di vita tragica . “Una piccola persona insignificante , ma con occhi bestiali”, riassunse il suo breve incontro con Adolf Hitler, piuttosto assiduo all’Olympiastadion e presente quel giorno per il trionfo di Gisela Mauermayer, dotata di tessera del partito nazionalsocialista e con qualche noia al termine della guerra. Gabre finì decima per guadagnare posizioni (sesta) due anni dopo agli Europei di Vienna, i primi per le ragazze.

Come per tanti altri – uno è il suo paesano e amico Ottavio Missoni, volato via l’anno scorso – la guerra si portò via anni buoni, chances importanti.

Ancora dentro le dieci agli Europei di Oslo, quelli della rinascita, 17a a Londra, in grado di portare il record italiano oltre i 43 metri e di vestire quattro volte la maglietta tricolore, Gabre sta per entrare in una nuova fase, si prepara a diventare una capostipite. Tutto nasce quando incrocia Sandro Calvesi, bresciano, gran allenatore che diventò facile etichettare magnifico rettore di un piccola università degli ostacoli frequentata da studenti che venivano da tutta Italia e da buona parte d’Europa.

E ora il racconto può assumere le cadenze di una narrazione biblica: perché Gabre generò Lyana che conobbe Eddy (Ottoz) ed essi generarono Laurent, Patrick e Pilar e tutti finirono coinvolti in quell’esercizio che il suocero e nonno sapeva trasmettere con tanta maestria. Tutti insieme formano una dinastia, forniscono un raccolto statistico impressionante, garantito anche dall’onda di medaglie che Gabre mai ha fatto mancare: quattordici d’oro in Mondiali e Europei Master, con record, in tante categorie d’età, nel peso, nel martello, nella combinata dei lanci. Lei, da qui all’eternità, si diverte ancora.

I festeggiamenti dei 100 anni di Gabre Gabric dureranno da oggi e fino a venerdì 17 ottobre quando, al Liceo Calini di Brescia, sarà presente anche il presidente CONI, Giovanni Malagò.

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