Fiasconaro: il ricordo di Tito Morale

26 Giugno 2013

di Salvatore "Tito" Morale

Mi si chiede di tornare indietro, con Marcello, di 40 anni e la cosa mi entusiasma perchè ritorno giovane nei ricordi, belli e brutti, ma sempre indimenticabili legati come sono a questo splendido atleta. Quando a fine giugno 1971 Nebiolo con Barra mi chiesero di seguire in Italia Marcello, che su informazioni di Carmelo Rado, era improvvisamento esploso nella stagione sudafricana 70-71 con risultati intorno ai 46" nei 400 , non potevo che esserne entusiasta. Il fatto poi che da pochi giorni avesse optato per la nazionalità italiana, costituiva un valido apporto per un settore che nella storia atletica italiana non aveva mai brillato di grande tradizione.

Mi si presentò un ragazzone solido e semplice, guascone ma anche timido,con lunghi basettoni, baffetti sotto un ciuffo ribelle, che conosceva soltanto qualche parola di italiano. Diventò subito personaggio per i suoi atteggiamenti, per il suo modo particolare di correre,per la simpatia che suscitava. Le sue gare mandavano in visibilio il pubblico.

Il Coni, nella persona del suo vicepresidente Nostini, grandissimo campione nella scherma, chiese di conoscerlo. Lo accompagnai al Foro Italico e Nostini, dopo essersi complimentato per i risultati ottenuti in cosi breve tempo, augurandogli risultati sempre più grandi, si raccomandò che questi fossero accompagnati anche da miglioramenti nel parlare italiano! Una discutibile entrata a gamba tesa, che creò qualche imbarazzo.

Mi tenni in contatto con Stewart Banner, il suo allenatore e mentore, per concordare il lavoro per giungere ai Campionati Europei di Helsinki nella forma migliore: si continuò su una impostazione della preparazione di scuola inglese, con attenzione al fatto che il piede destro aveva subito una frattura negli anni precedenti per cui ,dove possibile, gli allenamenti dovevano essere svolti su piste in tennisolite o su prati erbosi. Il grande amore di Marcello era sempre il rugby e durante la fase di riscaldamento negli allenamenti la palla ovale era presente e costituiva anche un mezzo per colloquiare e stringere amicizia con gli altri atleti del gruppo, in attesa che il suo italiano migliorasse: Marcello non era uno studente modello.

La sua popolarità, nel frattempo, gara dopo gara, aumentava, come l'attenzione della stampa. Situazioni gradite, ma che però lo frastornavano, proveniendo lui da un ambiente in cui tutto questo non esisteva. Alla sua vittoria agli Europei di Helsinki tutti avevano fatto la bocca buona e così il suo secondo posto, con il migliore risultato dell'anno, accontentò ben pochi. La tattica di gara era stata concordata con Steward, tenendo naturalmente conto delle caratteristiche dell'atleta.

Marcello Fiasconaro (foto archivio FIDAL)

In partenza, per lui già un evidente tallone di Achille, fu tradito dall'emozione. Fu peggiore del solito e questo diede un ulteriore vantaggio all'inglese Jenkins che vantava una velocità di base superiore a quella di Marcello. Se è vero che il polacco Werner costituiva per noi l'avversario più temibile,la vittoria dell'inglese confermava che era stato battuto di un soffio da un atleta che anche in seguito avrebbe dimostrato di essere un grande quattrocentista.

All’inizio del 1972, l’anno delle Olimpiadi di Monaco, andai in Sudafrica per qualche giorno per vivere e capire l'ambiente in cui era nato e cresciuto Marcello. Conobbi i genitori (molto preoccupati dell'avvenire del figlio) e Stewart Banner un personaggio insostituibile nella preparazione di Marcello per la sua carica infinita nel trascinare l'atleta con entusiasmo e con una mole di lavoro da uccidere un cavallo. Finì la stagione sudafricana con un probante 45"9, frutto di un impegno gia pesante e con la raccomandazione di Stewart di fare attenzione ai dolori del piede destro che ogni tanto affioravano.

In Italia tutti lo volevano, sempre e dovunque. Diventava sempre più difficile la gestione della quotidianità e della preparazione. Così, al termine della stagione indoor, quella del 46”1 mondiale, tornò in Sudafrica per circa un mese dove doveva esser impostata la preparazione di base per le Olimpiadi, ma Stewart mi informò del persistere dei fastidi al piede per cui il lavoro programmato non si svolse con la dovuta continuità.

A metà aprile March torna in Italia. Cercai di fargli finire la preparazione di base non completata in Sudafrica ma era diventato così importante per la promozione dell'atletica che tenerlo lontano dalle luci della ribalta diventava impossibile. E cosi dopo una pesante attività agonistica in Sudafrica, dopo una esaltante attività indoor in Italia, venne impegnato in una continua attività agonistica tra meeting, campionati,incontri internazionali. La sua presenza in ogni situazione sembrava essere indispensabile. E cosi, nonostante i vari tentativi miei e di Stewart di rallentare l'attività, la sua meravigliosa macchina da corsa ha cominciato a perdere colpi. E la stagione finì purtroppo con la non partecipazione alle Olimpiadi di Monaco,dove fino all'ultimo momento si tentò di farlo gareggiare, affidandolo alle cure dell'istrionico medico argentino Oliva, che con infiltrazioni di sostanze varie tentò di lenire i dolori al piede divenuti insopportabili sotto sforzo.

Questa lezione fu una valida esperienza per l’anno successivo quando, dopo esser stato il più possibile lontano dall'Italia, Marcello arrivò al record mondiale degli 800. Poi, il suo piede usurato gli consigliò di ritornare al suo primo grande amore,il rugby.

 



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