Euroindoor: il tornado Muir

01 Marzo 2017

La mezzofondista scozzese, che in questa stagione ha migliorato due record continentali, è attesa a Belgrado su 1500 e 3000 metri

di Giorgio Cimbrico

C‘è chi sostiene che l’atletica britannica abbia attraversato una mutazione: nell’ultimo quarto di secolo i velocisti, gli ostacolisti, i saltatori - più quelli in estensione (vedi Jonathan Edwards e Greg Rutherford) che in elevazione -, i giavellottisti, le specialiste delle prove multiple sembrano aver preso il sopravvento sui protagonisti dei temi classici, rappresentati dalle distanze più nobili del mezzofondo, gli 800, i 1500 e il miglio, il terreno di Roger Bannister, Sebastian Coe, Steve Ovett, Steve Cram.

Oggi, a pochi giorni dagli Europei indoor di Belgrado, i britannici sono in grado di schierare otto sprinter tra 6.56 e 6.62 (il migliore è Chijindu Ujah, il fanalino di coda in questo gruppo di élite è l’eterno Dwain Chambers) e hanno nell’oriundo Andrew Pozzi il leader mondiale della brevissima distanza con cinque barriere: il vertice portato a 7.43 è sostenuto da un doppio 7.44 e da un 7.49. Pozzi, 13.19 all’aperto, nato a Stratford-upon-Avon e così concittadino di William Shakespeare, è stato a lungo seguito da Malcolm Arnold, uno che di ostacoli ne capiva: nella sua lunga carriera da coach ha dato proficui consigli a quel buonanima di John Akii-Bua e a Colin Jackson.

Ma il mezzofondo breve, medio, lungo e lunghissimo non è stato abbandonato e tracce possono essere rinvenute scorrendo le liste europee di sempre. Al top del vecchio continente sono o rimangono Sebastian Coe nei 1000 (il lord e presidente avrebbe tuttora la testa anche negli 800 se Wilson Kipketer non avesse ottenuto prima la residenza e poi la cittadinanza danese), Mohamed Farah nei 1500, Steve Cram nel miglio e nei 2000, ancora Farah nei 10.000 e nella mezza maratona. Tra le donne, l’unica a risultare capofila è Paula Radcliffe sui 21,097 km e nella maratona, in questo caso anche mondiale. Con una precisazione: le uniche europee ad aver fatto meglio di Paula su 5000 e 10.000 sono la russa Liliya Shobukhova, protagonista di una tempesta doping che ha coinvolto i massimi sistemi politici, e la turca Elvan Abeylegesse, in realtà etiope.

In realtà i britannici non hanno mai perso il gusto della corsa di media e lunga lena: il sergente Kelly Holmes, doppiettista su 800 e 1500 ad Atene 2004, nominata Dame (l’equivalente di Sir) dalla Regina e onorata con un ritratto alla National Portrait Gallery adiacente alla magnifica pinacoteca di Trafalgar (può capitare nei paesi di cultura sportiva e non solo…), oggi ha trovato la sua erede nella scozzese Laura Muir.

Il primo acuto della studentessa di veterinaria a Glasgow, 24 anni nel maggio che verrà, è venuto al ritorno da un periodo di allenamento in Sudafrica, 14:49.12 nei 5000 indoor, nona di tutti i tempi, 14 secondi di progresso sul record britannico, vecchio 25 anni, di un’altra scozzese, la magrissima Liz McColgan, e a meno di due secondi dal record europeo al coperto, vecchio 18 anni, della minuscola romena Gabriela Szabo. La prestazione ha provocato in Laura una giustificata carica di ambizione, spingendola a confidare che ai Mondiali di Londra potrebbe tentare di inseguire 1500 e 5000, per imitare quel che riuscì ai Giochi Olimpici a Paavo Nurmi e a Hicham El Guerrouj e ai Mondiali a Bernard Lagat. Ci ha provato a Pechino Genzebe Dibaba e l’impresa non è riuscita.

Non è stato che l’inizio: a Karlsruhe Laura ha schiantato la keniana Hellen Obiri e in 8:26.41 ha centrato il record europeo dei 3000 strappandolo alla “sospetta” Shobukhova, e a Birmingham (nel giorno in cui Mo Farah ha arricchito la collezione con l’europeo dei 5000 portato sotto 13:10) è andata a cercare ritmi veloci sui 1000, chiudendo in 2:31.93, un altro record continentale, a 99 centesimi dal mondiale, datato 1999, della mozambicana Maria Mutola.

Settima a Rio, in fondo a una finale interpretata con un coraggio degno di William Wallace, Laura ha lasciato nell’archivio del 2016 un prezioso 3:55.22 che l’ha spedita al 13° posto nella lista di tutti i tempi, una graduatoria che risente pesantemente della messe raccolta dalle famigerate cinesi nelle annate 1993 e 1997, quando a Pechino e a Shanghai le statistiche furono terremotate dal reparto rosso femminile di Ma Junren. Oggi pare non sia più politicamente corretto puntualizzare l’appartenenza a una razza, ma è un fatto che la scozzese compaia al quarto posto assoluto tra le “caucasiche”, alle spalle di Tatyana Kazankina, di Paula Ivan e di Olga Dvirna e al primo per quanto riguarda quel che un tempo veniva chiamato il blocco occidentale. Se c’è una morale è che mutazione o no, le radici hanno sempre una loro importanza quando sono profonde.

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