Collare d'oro per Gianmarco Tamberi

19 Dicembre 2016

Il campione mondiale indoor ed europeo di salto in alto insignito della massima onorificenza del CONI

Si è tenuta oggi, presso il Salone d’Onore del CONI, la tradizionale cerimonia di consegna dei Collari d'Oro, la massima onorificenza dello sport italiano, con cui sono stati insigniti i Campioni Olimpici e Paralimpici di Rio 2016, oltre ad alcuni uomini di sport, personalità e società che si sono particolarmente distinti nel corso della loro carriera e della loro storia. Sono state consegnate anche le Palme d'Oro al merito tecnico agli allenatori dei campioni olimpici e paralimpici. La premiazione, che ha avuto luogo al Salone d'Onore del CONI, è stata effettuata dal Ministro dello Sport, Luca Lotti, alla presenza del Presidente del CONI, Giovanni Malagò, e del Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli. La cerimonia, alla quale hanno partecipato anche il Segretario Generale Roberto Fabbricini e il Vice Segretario Generale, Carlo Mornati, è stata impreziosita da due ospiti particolari: Gianluigi Buffon e Francesca Porcellato. Per la FIDAL sono intervenuti il presidente Alfio Giomi affiancato dal Segretario Generale Fabio Pagliara. Per il mondo dell'atletica è stato insignito di questa prestigiosa onorificenza il campione del mondo indoor e d'Europa di salto in alto Gianmarco Tamberi, protagonista di una stagione che l'ha visto migliorare il record nazionale a quota 2,39. Premiate anche due big azzurre dell'atletica paralimpica: la sprinter Martina Caironi (oro paralimpico nei 100m T42) e la lanciatrice Assunta Legnante (oro paralimpico getto del peso F12). SEGUE SU CONI.IT

L'ANNO DI ICARO (di Giorgio Cimbrico)
L’anno di Icaro, del progetto leonardesco di volo, del librarsi in alto, sempre più in alto, della calligrafia che fa rima con simpatia, del concetto greco del bello e buono, kalos-agatzos, delle vittorie in un territorio sempre arido, della sfida alla pura forza di gravità, senza attrezzi di mezzo, del profumo sempre più penetrante delle altissime quote, dell’abitudine a quelle che già sembravano un’erta montagna, dell’irrompere sulla scena con la sicurezza consentita solo a chi pensa di aver concluso e stretto un patto con dei che lui pensava fidati e che si mostrano per quel che sono, traditori, o forse solo maligni voyeur di quel che capita sulla terra.

Tutto questo è stato l’anno di Gianmarco Tamberi, che, passando dall’epica alle traiettorie matematiche della tabella di valutazione, nella serata magnifica e orribile di Montecarlo saltando 2,39 ha raccolto 1260 punti, quattro, solo quattro in meno di quel tempo e di quella cifra che hanno accompagnato Pietro Mennea in vita e in morte, 19.72 uguale 1264 punti.

Era l’anno dello Slam: Il titolo mondiale indoor riacciuffato con un’invenzione che è parsa un’ardita variazione sulla tastiera; la corona europea messa sul capo senza concedere un tremore, suscitando solo simpatia, affetto per la carica di genuino sentimento di comunanza con avversari-amici, per lo spontaneo abbraccio al ragazzino olandese che faceva il tifo per lui, saltimbanco, attore e improvvisatore. Montecarlo era l’ultimo rito di passaggio prima del viaggio verso Rio, la risposta agli interrogativi che rimanevano, l’ultima recerche del tempo futuro: Gimbo ne è uscito come David Bowie in un vecchio film inglese che ha giusto compiuto quarant’anni: L’uomo che cadde sulla terra.

L’aspirazione a quelli che, per rimanere nella fantascienza, Ray Bradbury chiamava “gli azzurri spazi”, gli è stata fatalee qualcuno non ha esitato a esibirsi in una critica di sapore filisteo: non poteva bastargli così? non poteva pensare ai Giochi? Certo che poteva, ma non ha voluto rispondere al richiamo, più che della prudenza, di un agire comune, utilitaristico. Alla fine, conformista. In quel momento, sentiva di avere il mondo in tasca, il cuore pieno di speranze e le ali ai piedi, come dice in un memorabile incipit uno dei protagonisti di Momenti di gloria, e così non resta che inoltrarsi dentro l’avventura, sentire lo stridore del rischio, venirne danneggiato, diventare airone azzoppato che decide di andare a saltellare su una gamba sola attorno allo stagno che avrebbe potuto riconoscerlo come sovrano, in una lotta serrata per l’investitura con il canadese Derek Drouin.

Con quell’aspetto da eroe romantico – il ritratto di Lord Byron pronto a battersi per la libertà della Grecia è la prima immagine che viene in mente -, Gimbo è costretto a entrare dentro a una cornice che si trasforma in momentanea prigione. Ne sta uscendo per riproporre gesti che hanno a che fare con l’arte, con la libertà, con l’amore per l’espressione del corpo, con l’attacco al mondo degli 8 piedi. L’operazione ha buone chances di andare in scena dove ancora vige quel sistema di misurazione, detto imperiale. A Londra, 8 piedi significano 2,43.

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