A Venezia Goffi è la punta italiana



Se a Carpi era stato Ruggero Pertile il portacolori azzurro, a Venezia tocca a Danilo Goffi difendere l’onore della scuola italiana di maratona contro la solita orda di conquistatori kenyani. Il compito non si presenta assolutamente facile, sia per il valore degli avversari, sia per il fatto che da tempo si attende dal portacolori dei Carabinieri Bologna un segno di ripresa, uno squillo all’altezza di un passato neanche troppo lontano che fece presagire grandi traguardi per il fondista legnanese. Era il ’95 e proprio a Venezia Goffi vinse a sorpresa in 2:09:26. Un risultato a sensazione. Da allora Goffi ha vissuto altri momenti importanti, ha partecipato a grandi manifestazioni (argento agli Europei ’98), ha migliorato il suo tempo salendo sul podio di classiche come Rotterdam, ma non è più riuscito a vivere quelle sensazioni, andando anzi spegnendo un po’ gli antichi bollori con gli anni. Ora è venuto il momento del riscatto: “Io sono in buone condizioni, so di essere l’unico italiano di livello contro molti atleti di valore, due kenyani su tutti, ma conto di essere competitivo fino alla fine. Poi quello che arriverà si vedrà, a me interessa fare un buon risultato, soprattutto cronometrico” - Qual è stata l’ultima maratona che ricordi con piacere? - Direi Torino 2002, quando giunsi secondo. Come tempi invece andiamo molto più indietro, alla fine degli anni Novanta. - Cosa è successo poi? - Tante cose: qualche infortunio di troppo, un po’ di calo mentale, qualche scelta sbagliata e maratone fatte quando non ero in condizione, tante piccole cose che non mi hanno fatto esprimere per quello che valgo. Quest’anno il cambio di allenatore mi ha fatto bene, mi sono trovato benissimo ed ho riacquistato stimoli, ma mi manca l’acuto. Spero domenica di farlo. - Hai mai avuto dubbi? - No, perché in allenamento sono sempre andato bene, spesso ho avuto riscontri come quelli dei tempi migliori, poi in gara non sono più riuscito a tradurre queste sensazioni. Io sono convinto di non essere né spremuto né finito, mi è solo mancata la tranquillità che adesso ho ritrovato, io sono convinto di valere molto meno di quanto ho fatto vedere nelle ultime uscite. - Gareggiare a Venezia dove ti sei rivelato rappresenta un aiuto? - Sicuranmente, è una bellissima gara, mi ha dato tantissimo la prima volta che la feci, gli stimoli ci sono tutti, per esprimere le mie chances nelle quali ho sempre creduto, poi sento molto la responsabilità di essere l’unico italiano al via con discrete possibilità. - Correre contro il tempo, quindi contro se stessi, è per te più facile rispetto a una gara titolata dove bisogna puntare al piazzamento? - Fino a un certo punto sì, con le lepri che ti pilotano per oltre metà gara si cerca di stare più al riparo possibile, di far meno fatica. E’ chiaro che alla fine conta anche l’avversario, pensi a come ti puoi piazzare, se chi è con te sta meglio o peggio. Comunque da un certo punto di vista è più facile da interpretare. - Qual è il punto più delicato del percorso? - Sicuramente dal ponte della Libertà in poi ci si gioca tutto, hai questi 5 km che non finiscono mai, se hai il vento in faccia è dura. Quella porzione di percorso ti dice se hai la condizione per concludere bene, perché poi sui ponti finali è la gente che ti spinge ad arrivare in fondo. Inoltre le condizioni climatiche in una maratona autunnale sono sempre un’incognita, ma le previsioni per fortuna sono ottimistiche. - Su cosa metteresti la firma? - Mi basta avere qualche segno tangibile di miglioramento. Un tempo sotto le 2:10 sarebbe già importante nell’ottica nazionale e visto che è dal ’98 che non riesco ad abbattere questo muro. Gabriele Gentili


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