100 metri: l'Impero colpisce ancora

11 Giugno 2014

L'8 giugno ad Hengelo, il 20enne Ujah è diventato con 9.96 il quinto britannico sotto i 10 secondi, confermando il Regno Unito come terza potenza storica dello sprint dopo Giamaica e USA

di Giorgio Cimbrico

Con Chijindu Ujah, fanno cinque. Cinque britannici sotto i 10”. In ordine di prestazione, per una all time tempestata di piccole Union Jack: Linford Christie 9”87, James Dasaolu 9”91, il ventenne Ujah con il 9”96 freschissimo di conio, Dwain Chambers 9”97, Jason Gardener 9”98. Chambers, grande peccatore, ha visto calare il cancellino su buona parte del suo patrimonio e sul 9”87 dell’annata 2002.

Valutati il luogo di nascita (nel caso di Christie) e le radici (Caribe e Africa Occidentale), la scontata etichetta da appiccicare è “l’Impero colpisce ancora” e pone il Regno Unito come terza potenza storica, alle spalle di Giamaica e Stati Uniti, e davanti ad altre miniere dello sprint (Canada, Nigeria, Trinidad, Francia) in grado di offrire più di un uomo capace di cifre a tre e non a quattro cifre.

Il vecchio Impero ha fornito anche velocisti di prima grandezza anche a paesi mai appartenuti a quella sfera: sono i casi del nigeriano Francis Obikwelu, 9”86 (record europeo tuttora in corso legale) a vantaggio del Portogallo e del gambiano Jaysuma Saidy Ndure, che alla Norvegia ha donato un record nazionale da 9”95. La forza d’urto dei velocisti britannici non è una novità. Tralasciando gli exploit, ammantati dalle nebbie del tempo, dell’amateur Thomas Bury e del professionista George Seward, 10”0 sulle 100 yards alla metà del XIX secolo, la storia moderna può prendere il via con Harold Abrahams e rimbalzare quasi sessant’anni dopo sul curioso stile di partenza di Allan Wells, lo scozzese volante.

La nuova Inghilterra, figlia dell’immigrazione, è appena dietro l’angolo e poco più vecchie di un quarto di secolo sono le prime apparizioni in scena di Christie, capace tra il ‘92 e il ’94 di portare in capo la quadruplice corona: campione olimpico, mondiale, europeo e del Commonwealth, con il soprannome di “nonno del vento”. Linford è del ’60 e alla pista si era avvicinato in età piuttosto tarda.

Oggi lo sprint made in England è un mondo florido e variegato. Alla vigilia dei Mondiali indoor di Sopot, un incidente muscolare bloccò James Dasaolu, londinese-nigeriano indicato come il naturale favorito per il titolo sui 60, ma sulle sponde del Baltico la cerimonia protocollare previde ugualmente il “Dio salvi la Regina” per mano e per merito di Richard Kilty, detto il Tornado del Teeside, mosca molto bianca dentro un gruppo molto nero e con una presenza che nulla ha a che fare con vecchie colonie o antichi protettorati: Adam Gemili, 21 ancora compiere, 10”05 e 19”98, è di radici iraniane e marocchine che, dice lui, “con la velocità non c’entrano niente. Ma può andar bene così”. Già, di solito i marocchini sono mezzofondisti e gli iraniani lottatori e soprattutto sollevatori di pesi

Un altro aspetto che distingue il movimento britannico è che – è il caso di Gemili, ma anche del nuovissimo Usjah - quando un giovane atleta che promette bene in un paio di campi giunge sul bivio della decisione, non ha un dubbio: tra il calcio e lo sprint, è il secondo ad esser abbracciato con decisione. Domenica, a Hengelo, Chijindu, miglior ventenne di sempre nella storia nazionale, fan di Usain Bolt, capace di passare in una sola botta da 10”17 a 9”96, ha messo le mani sui primi 3000 euro della sua vita veloce. Può essere un interessante inizio.

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