Guliyev, la prima volta della Turchia

11 Agosto 2017

Il campione mondiale dei 200 metri, nato in Azerbaigian, ha conquistato a Londra il primo oro iridato della storia per la sua nuova nazione

di Giorgio Cimbrico

In questi ultimi anni la politica estera turca è stata protagonista di vaste azioni che hanno prodotto la nazionalizzazione di un nutrito gruppo di mezzofondisti e mezzofondiste keniane ed etiopi: la più nota e la più controversa è Elvan Abeylegesse, la prima forza contemporanea è rappresentata da Yasemin Can. Poi l’arrivo del velocista giamaicano Jack Harvey, a cui è stato appiccicato un “Alì”, e dell’ostacolista cubano Yasmani Copello (l’altro Copello, il triplista Alexis, nel frattempo si è trasformato in azero) che nel giro di un anno è stato autore di un piccolo slam: il trentenne habanero, allenato da Massimo Matrone, è stato oro europeo ad Amsterdam e bronzo olimpico a Rio prima del secondo posto a Londra nella giornata che ha spedito tra le stelle il norvegese Karsten Warholm e confezionato un ordine d’arrivo nuovo e singolare.

Nessun dubbio, comunque, che l’affare più grosso sia stato l’approdo sotto la bandiera rossa con mezzaluna e stella di Ramil Guliyev, azero di Baku, l’uomo illustrato (sufficiente osservare gli ornamenti che coprono le braccia) che in una finale dei 200 che tanti vedevano aperta – ma forse non così aperta – è stato capace di inventare e raccontare una nuova storia.

È inutile precisare che Ramil non viene dal nulla: il 20.04 che firmò nel 2009 a Belgrado, ancora sotto la bandiera e la sigla dell’Azerbaigian gli assegna tuttora il secondo posto nella lista under 20 di tutti i tempi. Il primo, con 19.93, è occupato da Usain Bolt e ogni altro commento è superfluo. Il processo che lo ha portato al cambio di nazionalità è stato abbastanza lungo e complesso, con interventi ministeriali da parte del governo di Baku, sino alla resa: “Pretende troppo per un atleta della sua età”, fu, in sintesi, il commento del ministro dello sport al termine dei colloqui con il giovanotto che aveva da poco perso Eldar, padre e allenatore, per un mortale attacco cardiaco.

Il primo anno da turco – il club è il Fenerbahce giallo e nero – non è stato esaltante con 10.20 e 20.38, ma si è trattato di una specie di quiete prima della tempesta: l’8 settembre 2015, a Zagabria, corre in 19.88 e si inserisce in profondità e in alto nella lista europea di ogni tempo. Il vertice nei 100 è molto più fresco, risale a poco più di un mese fa, quando in piena preparazione per i Mondiali, scende per la prima volta sotto i 10 secondi: 9.97 a Bursa.

Nella natia Baku si era fatto rivedere a maggio: 20.08, il suo miglior tempo dell’anno, inferiore di un centesimo a quello che gli ha permesso di diventare il primo di razza caucasica, a sedici anni da Kostas Kenteris, a mettersi in testa una corona che per sette edizioni era finita negli Usa e in Giamaica.

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