Olimpiadi, Trost quinta col sorriso

21 Agosto 2016

La friulana fa sognare, grazie all'1,93 superato al primo tentativo, ma deve poi arrendersi all'1,97 che assegna tutte e tre le medaglie. La staffetta 4x400 donne è sesta (3:27.05)

Due piazzamenti in finale segnano il cammino azzurro nella serata conclusiva dell'atletica all'interno dello stadio olimpico di Rio. Alessia Trost è quinta nell'alto con 1,93, ma coltiva a lungo, nel corso della gara, il sogno di salire sul podio. A quota 1,97, quella che assegnerà tutte e tre le medaglie (la misura più bassa per l'oro dal 1980, quando venne superata da Sara Simeoni a Mosca) la friulana deve però arrendersi, scivolando al quinto posto. Oro alla 37enne spagnola Ruth Beitia, argento alla bulgara Demireva, bronzo alla croata Blanka Vlasic. La staffetta 4x400 azzurra, composta da Mariabenedicta Chigbolu, Maria Enrica Spacca, Ayomide Folorunso e Libania Grenot, chiude la finale al sesto posto (3:27.05), a solo un secondo e 12 centesimi dal bronzo, andato alle britanniche (oro e argento rispettivamente per Stati Uniti, 3:19.06, e Giamaica, 3:20.34). Il britannico Mo Farah fa doppietta di ori olimpici vincendo, dopo quello dei 10000, anche l'oro dei 5000 (13:03.30): rinnova così l'impresa di quattro anni fa a Londra, ed eguaglia la doppia-doppietta riuscita in passato al finlandese Lasse Viren (tra Monaco 1972 e Montreal 1976). Vittorie a cinque cerchi anche per Caster Semenya negli 800 metri (Sudafrica, 1:55.28, record nazionale), Matthew Centrowitz nei 1500 metri (Stati Uniti, 3:50.00), Thomas Rohler nel giavellotto (Germania, 90,30), e per gli Stati Uniti nella 4x400 uomini (2:57.30). Oggi, con la maratona maschile (via alle 14:30 italiane, con gli azzurri Stefano La Rosa, Daniele Meucci, Ruggero Pertile) si chiude il programma dell'atletica ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro.

di Marco Sicari

Una finale olimpica dal retrogusto amaro mette Alessia Trost al quinto posto, fuori da un podio olimpico che assegna tutte e tre le medaglie a 1,97, la misura più bassa per l’oro dal 1980, quando a vincere, ai Giochi di Mosca, fu Sara Simeoni. Qui ad imporsi è la spagnola Ruth Beitia, 37 anni ed una carriera ricca di allori, premiata per l’assenza di errori sulle tre altezze decisive: 1,88; 1,93; 1,97. Alle sue spalle, la bulgara Mirela Demireva, mentre il bronzo va alla 32enne croata Blanka Vlasic, più forte del tempo e dei problemi fisici che l’hanno tormentata nelle ultime stagioni. Fuori fin dalle prime battute Desirée Rossit, sedicesima con l’1,88 superato al secondo tentativo, e tre errori a 1,93. Trost, al culmine di una stagione tormentata da mille problemi extrasportivi, fa sognare per buona parte della serata (1,88 e 1,93 alla prima, bronzo fino a quel punto), prima di arrendersi alla quota di quello che sarebbe stato il suo primato dell’anno.

Il racconto della finale olimpica. Undici atlete superano l’1,88 alla prima prova a disposizione. Tra loro, Alessia Trost, che vola oltre l’asticella con buon margine. Desirée Rossit sbaglia, ma si rifà al secondo tentativo, seppure con una buona dose di fortuna (l’asticella balla parecchio, ma resta ancorata ai ritti). Si sale di cinque centimetri: 1,93. Rossit sbaglia di nuovo al primo tentativo, mentre Trost vola subito al di là dell’asticella, particolare non di poco conto considerata la folle progressione (con lo “scalone” 93-97 destinato a mietere vittime). Alla fine del primo giro solo cinque atlete realizzano la misura, e tra loro, solo tre non hanno errori: Beitia, Lowe, e Alessia Trost. Desirée Rossit, nervosa e con una rincorsa all'apparenza perfettibile, sbaglia anche il secondo ed il terzo salto, finendo eliminata (sedicesima). Con lei, lasciano la gara altre quattro atlete, tra le quali anche Vashti Cunningham, la 18enne statunitense campionessa del mondo indoor a Portland, nel marzo scorso. Quattro centimetri più su si decide la gara. Beitia e Demireva ce la fanno subito, mentre la Trost sbaglia, come tutte le altre avversarie. La bulgara, con il salto, scavalca la coppia Trost-Lowe per il secondo posto; nel secondo giro, prima sbaglia la Trost, poi la croata Vlasic vola al di là dell’asticella, piazzandosi al terzo posto e tirando fuori dal podio l’azzurra e la statunitense Lowe, quarte. Terzo giro, e nuovo errore, l’ultimo, della friulana. Sbagliano ancora tutte, tranne Chaunte Lowe, che fa scivolare l'azzurra al quinto posto.

A questo punto, restano in quattro ad affrontare i due metri. Ma non ci sono più altri salti vincenti. L’oro va alla spagnola Beitia, l’argento alla bulgara Demireva, mentre il bronzo è della croata Blanka Vlasic. Per tutte, la (non impossibile) migliore misura di 1,97.

“Sono felice di quello che ho fatto – racconta Alessia Trost nel dopo gara – sinceramente le ultime quattro settimane sono state folli, e il fatto di essere arrivata qui, di aver conquistato la finale, e di aver chiuso al quinto posto, in una serata che mi ha restituito allegria, il piacere di essere in pedana, mi soddisfa davvero. Il progetto per stasera era chiaro: superare 1,88, 1,93 e 1,97 al primo tentativo. Ci sono riuscita due volte su tre, a 1,97 ho sbagliato di poco. Da Rio mi porto dietro due cose: l’atmosfera dei Giochi, e la consapevolezza che la tranquillità e il divertirmi nel fare atletica mi faranno fare bene. E aggiungo che mi dispiace sentir dire che sono un talento inespresso”. Laconica Desirée Rossit: “Una gara disastrosa, la mia. Non so proprio cosa ho fatto. Devo capire, quindi non so nemmeno cosa pensare, davvero. Non ho parole”.

LA 4x400 AZZURRA SESTA NELLA FINALE, A 1.12 DALLA MEDAGLIA DI BRONZO
Le ragazze della staffetta 4x400, dopo la storica qualificazione di ieri (con record nazionale portato a 3:25.16) corrono una buona finale, piazzandosi al sesto posto, in 3:27.05, al termine di una battaglia equilibrata, come da fin troppo facile pronostico, fino ai metri conclusivi. Il bronzo, il sogno delle italiane, finisce alla Gran Bretagna (3:25.78), la più vicina agli inarrivabili quartetti degli Stati Uniti (3:19.06) e della Giamaica (3:20.34). Collocate in prima corsia, le azzurre si difendono in avvio come da strategia pre-gara: Chigbolu e Spacca tengono nel mirino le avversarie, ma è con Ayomide Folorunso, come avvenuto ieri, che le distanze si riducono; l’Italia cambia da sesta, ma Gran Bretagna, Canada, Ucraina e Italia sono molto ravvicinate, e dopo duecento metri, effettivamente raccolte in uno spazio ristretto; nel rettilineo finale però le posizioni non cambiano, Christine Ohuruogu – la campionessa olimpica di Londra – tiene il ritorno delle avversarie (compresa Libania Grenot), conquistando il terzo gradino del podio.

“Abbiamo fatto una grande cosa – racconta la Grenot – entrare in finale con il record italiano e chiudere al sesto posto, è un ottimo risultato, sono felice. Abbiamo dato tutto in pista, questo è quel che conta. Certo, ho visto il bronzo vicinissimo, ma non possiamo rimproverarci nulla”. “All’inizio c’era chi ci dava per spacciate, nemmeno in grado di raggiungere la finale – le parole di Mariabenedicta Chigbolu – invece ieri abbiamo fatto il record italiano e siamo entrate in finale. Ci sarebbe piaciuto ripeterci anche oggi, ma tutte sono andate più piano rispetto alla semifinale. C’è un pizzico di amaro in bocca, certo, perché anche a noi sarebbe piaciuta una medaglia, ma siamo soddisfatte”. “Siamo entrate in campo con la stessa grinta di ieri – dice Maria Enrica Spacca – volevamo fare bene anche oggi; abbiamo dato il massimo, tutto quel che avevamo, un sesto posto olimpico vale tanto”. “In riunione abbiamo ragionato sui cambi – conclude Ayo Folorunso – ma in realtà non c’era molto altro da fare. Le gambe mi bruciano, segno che ho dato tutto quel che avevo: e quando dai tutto, cosa puoi rimproverarti?”.

MO FARAH COGLIE L’IMPRESA, DOPPIA-DOPPIETTA 5-10000 METRI TRA LONDRA E RIO
Non c’è modo di battere Mo Farah. Devono pensarla più o meno così, i tanti avversari che nel corso dei quattro anni che vanno da Londra a Rio hanno cercato di avere ragione del britannico, insuperabile sia che i ritmi siano altissimi, sia che al contrario si corra solo per piazzare la volata. Dopo il successo nei 10000 metri, arriva anche quello sui 5000 (13:03.30), con un copione pressoché identico: tutti a caccia di Mo, e Mo che alla fine, vince sempre.

Un ultimo giro sul piede dei 54 secondi risolve la questione, consentendo a Farah di eguagliare il celebre record di Lasse Viren (che fece doppia doppietta tra Monaco ’72 e Montreal ’76). Completano il podio lo statunitense Paul Kipkemoi Chelimo (al personale di 13:03.90) e l’etiope Hagos Gebrhiwet (13:04.35).

CASTER SEMENYA NON FALLISCE, SUO L’ORO DEGLI 800
Nessuna sorpresa nel doppio giro di pista al femminile. Caster Semenya chiude la partita nel momento esatto in cui decide di farlo; il suo secondo giro non lascia scampo alle avversarie, ed il crono finale di 1:55.28 vale anche il record nazionale. La sudafricana aggiunge l’oro di Rio all’argento di Londra 2012, mentre le discusse – come lei - colleghe di specialità Francine Niyonsaba (Burundi, argento in 1:56.49) e Margaret Wambui (Kenya, bronzo in 1:56.89) le fanno compagnia sul podio olimpico. La gara è sensazionale anche dal punto di vista statistico: le prime sei scendono sotto l’1:58 (la canadese Bishop, quarta, firma il primato nazionale con 1:57.02), tutte e otto sono al di sotto dei due minuti.

1500 METRI UOMINI, LA SORPRESA E’ TATTICA: ORO A CENTROWITZ
I ritmi lentissimi (1:06, 2:16, 3:12) finiscono, inevitabilmente, per livellare i valori in seno alla finale dei 1500 metri. A transitare sempre al comando, non lasciando che nessuno metta mai il petto davanti, è lo statunitense Matthew Centrowitz, volpone delle prove tattiche, quarto a Londra 2012 ma campione del mondo indoor nel marzo scorso a Portland. Il campione olimpico di Pechino 2008, il keniano Asbel Kiprop, prova a lanciare la volata lunga, ma ormai è tardi, perché è arrivato il momento degli specialisti dei finali convulsi. A cominciare dall’algerino Taoufik Makhloufi, oro a Londra 2012 e qui a Rio già argento negli 800, che a metà del rettilineo conclusivo sembra in grado di centrare il bersaglio; ma Centrowitz resiste al ritorno dell’avversario (poi argento), cogliendo un oro inatteso in 3:50.00. Il bronzo, altra sorpresa, va al neozelandese Nicholas Willis.

IL GIAVELLOTTO UOMINI PARLA TEDESCO
Il dominatore della stagione, l’emergente Thomas Rohler, concretizza la leadership 2016 vincendo – alla grande – il titolo olimpico. Il suo 90,30, seconda volta oltre i 90 nel corso dell'anno, brucia le velleità del keniano Julius Yego (l’oro mondiale di Pechino 2015, al comando per cinque turni con l’apertura a 88,24) e del campione uscente, il trinidegno Keshorn Walcott, al bronzo con 85,38. Rohler lava via la delusione degli Europei di Amsterdam (dove fu solo quinto) nel miglior modo possibile, al termine di una gara ad inseguimento nei confronti del campione iridato.

4x400 UOMINI, ANCORA ORO PER GLI STATI UNITI
La staffetta del miglio regala agli Stati Uniti il tredicesimo oro olimpico nell’atletica ai Giochi di Rio (31 medaglie per la squadra a stelle e strisce). Hall, McQuay, Roberts e Merritt chiudono in 2:57.30, con un margine abbastanza contenuto sugli avversari: la Giamaica è argento in 2:58.16, Bahamas coglie il bronzo con 2:58.49, beffando il Belgio dei tre fratelli Borlee per soli 3 centesimi di secondo.

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OLIMPIADI RIO 2016: LA GUIDA ALLE GARE

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Folorunso, Grenot, Chigbolu e Spacca (foto Colombo/FIDAL)


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