Una storia al giorno

01 Febbraio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

1 febbraio. Il 1987 fu l’anno mirabile di Patrik Sjoberg, l’interminabile svedese tormentato come un personaggio di Ingmar Bergman. Iniziando a ripercorrere la stagione delle sue meraviglie e del suo incontrastato regno, oggi è il 27° anniversario del 2,41 che toccò al Palasport del Pireo, quello che, ricordavamo di recente, è ancora in piedi, mentre il gemello milanese è sprofondato senza più risorgere. Primo a superare 2,40 sotto un tetto era stato, quindici giorni prima, a Berlino, il biondissimo tedesco Carlo Thranhardt, specialista in ingressi in gara spericolati.

Patrik rispose con una gara vicina alla perfezione (un errore a 2,28, uno a 2,41) lasciando all’abisso di 16 centimetri l’occhialuto tedesco Gerd Nagel e l’americano Lee Balkin. Replicò una ventina di giorni dopo a Lievin, nel nord della Francia – un desolato luogo, degno di un romanzo di Simenon - catturando con 2,38 il secondo delle sue quattro corone europee e il 30 giugno riuscì a recitare da profeta in patria scalando a Stoccolma 2,42, un centimetro meglio di quanto Igor Paklin aveve saltato alle Universiadi Kobe ’85. Quel giorno, al classico meeting organizzato dal quotidiano Dn, lo svedese scese in pedana solo in sei occasioni: 2,24, 2,32 e 2,35 alla prima, 2,42 alla terza e non chiese ulteriori salite dell’asticella. Thranhardt e Sotomayor si erano spinti appena oltre la prima quota ed ebbero tutto il tempo per scegliere un posto comodo e assistere al prodigio.

Altri due mesi ed ecco Patrick a Roma per chiudere il suo Slam con la corona mondiale, che riuscì a calcarsi sula sua fluente capigliatura in fondo a una durissima tenzone, decisa a 2,38, con l’ucraino Avdejenko, assai somigliante al maggiordomo della famiglia Addams, e con il kirghiso Paklin, entrambi ancora in forza all’Urss. Tre volte sul podio olimpico ma senza mai salire sullo scalino più alto, spesso tormentato da infortuni, Sjoberg ha una strabiliante densità in quota, è tuttora in possesso del record su suolo italiano con il 2,38 che gli fu utile per centrare a Genova ’92 il poker di euro-titoli e può essere considerato il capostipite di una moderna scuola svedese che ha avuto le punte di lancia in Kajsa Bergqvist e nel piccolo, battagliero Stefan Holm, arrivato nei pressi dei limiti di Patrik.

Fu piuttosto triste nel 2006, al termine degli Europei, lasciare Goteborg, la sua città natale, vedendolo in prima pagina, implicato, con l’ostacolista Sven Nylander, in un “affaire” di droga che gli costò qualche giorno in carcere.Tre anni fa rivelò di aver ricevuto, bambino, le attenzioni di un allenatore pedofilo. Aveva tutto scritto in un volto che difficilmente si apriva in un sorriso felice.

Giorgio Cimbrico

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