Una storia al giorno

25 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

25 gennaio. Un critico musicale scrisse che il 5 dicembre 1791 è una delle date più buie della storia: è quella della morte di Wolfgang Amadeus Mozart. Per atletica lo è questa: dieci anni fa se ne andava Fanny Blankers Koen. Nel novembre del ’99, al Gala Iaaf di Montecarlo, la nominarono atleta del secolo e lei rispose con un cenno del capo, a ciglia asciutte. Divideva un tavolo con Jolanda Balas e Al Oerter. Puro Olimpo. Ne aveva viste nella sua vita Francina Elsje Koen, maritata Blankers, per commuoversi a comando o per un riconoscimento che sapeva di meritare. Qualcuno ha detto che stava allo sport femminile come Madame Curie alla fisica, come Elisabeth Pankhurst ai diritti delle donne. Era stata capace di affinare i suoi mezzi negli anni più bui, in un’Olanda occupata dai nazisti, tra resistenza e collaborazionismo, e andare a cercare le date e i luoghi di un paio dei suoi 20 record del mondo (1,71 nel salto in alto il 30 maggio 1943 ad Amsterdam quando di limiti ne firmò tre in successione; 6,25 nel salto in lungo il 19 settembre dello stesso anno, a Leida) significa tuffarsi nel tempo, sentir strusciare sulla pelle i giorni in cui una ragazzina fuggita dalla Germania viveva in una soffitta di Amsterdam e teneva un diario: Anna Frank.

Francina detta Fanny era alta e sottile: allo sport poteva dare un’esuberanza da soddisfare, una supremazia da esprimere. A diciotto anni appena compiuti merita già un viaggio in treno verso la capitale del Reich: Berlino celebra l’inizio del suo presunto destino millenario con la parata delle Olimpiadi. E’ sesta nell’alto, quinta con la 4x100 e conquista un solo trofeo: “Chiesi un autografo a Owens e lui me lo firmò. Quando lo incontrai nel ’72, a Monaco di Baviera, pensai di presentarmi e lui rispose che non era il caso: so chi sei, Fanny. Fu un’emozione”. Jesse aveva riconosciuto una solida realtà: una donna aveva eguagliato la sua leggenda, aveva conquistato quattro medaglie d’oro in un’edizione dei Giochi, aveva scavato tra sé e il mondo il solco che solo l’aratro della luce può tracciare. E il singolare, il sorprendente fu che quest’impresa Fanny la raggiunse nella piena maturità dei trent’anni compiuti, nello status di due volte mamma.

L’atletica è il primo sport che riesce a risorgere dalle rovine, a darsi il primo appuntamento con gli Europei di Oslo: Fanny vince 80hs e 4x100. La attendono i Giochi del ’48 e sono stagioni passate a discutere con i marito Jan - giornalista e consigliere – la strategia da usare. La decisione è di rinunciare ai salti e di privilegiare la pista. In otto giorni, dal 31 luglio al 7 agosto 1948, lo stadio di Wembley modella la leggenda della Mammina Volare che allinea le medaglie d’oro dei 100, degli ostacoli, dei 200 (con sette metri di vantaggio sulla seconda, maggior vantaggio registrato nella storia dei Giochi) e della staffetta. Il resto appartiene ai fasti di un ritorno in patria degno di quello, tre anni prima, della regina Wilhelmina dall’esilio londinese, agli ultimi fuochi (tre titoli) accesi agli Europei del ’50 a Bruxelles), all’assalto finale a Helsinki ‘52. Debilitata da un’infezione, cadde sul terzo ostacolo e uscì in lacrime, richiamata in scena da un pubblico che voleva tributare l’ultimo omaggio alla vecchia sovrana. Qualche anno dopo, ad Amsterdam, le eressero un monumento e Hengelo le dedicò il meeting.

Giorgio Cimbrico

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