Una storia al giorno

17 Gennaio 2014

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

17 gennaio. Storia di un crollo, quello che la sera di 29 anni fa, fece accartocciare il Palasport milanese di piazzale San Siro. Causa, una nevicata. Necessario segnalare che il gemello, costruito al Pireo, subì qualche anno dopo il peso di un simile manto e rimase in piedi. Lo è tuttora e ha recitato la sua parte ai Giochi Olimpici del 2004. Nei pochi anni di attività, il Palazzone seppe offrire momenti che possono transitare nel repertorio dell’indimenticabile: nel ’78, i titoli europei di Pietro Mennea, in una delle sue rare apparizioni sui 400 contro lo scorretto polacco Podlas, e di Sara Simeoni (la seconda delle quattro corone invernali che la regina veronese si piantò in testa) e il magnifico record mondiale dell’altrettanto magnifico Volodja Yashenko, un altro che, come Pietro, se n’è andato troppo presto; nell’82 la tripletta d’oro azzurro con Gabriella Dorio sui 1500, di Agnese Possamai sui 3000 (sugli anelli corti la bellunese era terribilmente efficace) e di Maurizio Damilano sui 5 km e un’emozionante gara di salto in alto, decisa da Dietmar Mogenburg grazie a una spericolata mano di poker giocata quando l’interminabile tedesco aveva in mano una sola carta – pardon, un solo tentativo - a 2,34.

Ma fu il 1° febbraio 1984, in una serata di nebbia fittissima, che luci forti brillarono a San Siro e tra i tanti picchi di quelle ore incalzanti (i gran balzi di Igor Paklin, la vittoria a suon di record mondiale della 4x200 azzurra) fu Sergei Bubka ad offrire il vertice. L’estate precedente, a Helsinki, il giovanissimo e sconosciuto ucraino, non ancora ventenne, era stato uno dei più sorprendenti vincitori dei neonati Mondiali (anche grazie al fiuto di Igor Ter Ovanesian) e l’ingresso nell’inverno che seguì si trasformò nell’inoltrarsi del futuro Zar nella dimensione del record.

A metà gennaio, a Vilnius, il primo, portato a 5,81. Due settimane dopo, a Milano, inaugurando la politica del “centimetro dopo centimetro”, Sergei salì a 5,82. E fu il secondo. Alla fine, al coperto e all’aperto, sarebbero stati 35, con altri acuti offerti su suolo italiano: a Torino, a Padova, a Sestriere dove scalò 6,14, all’aria aperta, il tetto.
Celebrata la scomparsa, rimane solo da precisare che il Palasport non è mai stato ricostruito. Al suo posto, un parcheggio per i calciomani.

Giorgio Cimbrico

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