Una storia al giorno

03 Dicembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

3 dicembre. I purosangue non invecchiano: el Caballo, visto e incontrato tre mesi fa a Rieti al fianco di Tommie Smith, non aveva indosso i segni del tempo che avanza e che oggi può annunciare che gli anni di Alberto Juantorena Danger sono 63. “Ricordate i miei passi?”, sorrideva, proponendo vecchi fotogrammi popolati di quelle infinite aperture. Usain Bolt non è stato il primo a proporre segmenti da 2,70 senza indossare gli stivali delle sette leghe.

Alberto non è cambiato neanche dentro: quando qualcuno gli ha domandato come continuasse a funzionare il sistema-Cuba, ha risposto che è semplice quando si può contare su decine di migliaia di eccellenti insegnanti di educazione fisica. E di una struttura che ebbe l’aiuto e la collaborazione di paesi amici. Il suo allenatore si chiamava Zygmund Zabierzowski, veniva dalla Polonia: non gli fu difficile convincere il ragazzo alto e ricciuto a rinunciare al basket (“ero proprio mediocre”) e trasferirsi sul terreno del suo idolo di gioventù, Enrique Figuerola.

Per Cuba, la linda Cuba, per la Cuba di estudio, trabajo, fucil, la corsa di Alberto fu come i pugni di quel buonanima di Teofilo Stevenson: per far tremare il colosso americano non era necessario impiantare missili. Pista e ring potevano essere sufficienti per spedire al tappeto gli assedianti. Quando a Montreal vinse i 400, Juantorena spezzò un monopolio americano sul giro – o sul quarto, come dicono loro - che andava avanti da cinque edizioni e che, prima, si era interrotto per merito di altri due campioni (Arthur Wint e George Rhoden) originati dalla stessa generosa area, il Caribe. Quel 44”26 era anche il tempo più veloce a livello del mare e lo aveva reso il primo nella storia olimpica a tenere in mano gli scettri dei 400 e degli 800. Nel 1940, oltre le ipotesi e la fanta-atletica, ne sarebbe stato capace Rudolf Harbig ma la pista di Tokyo rimase deserta, così come quella di Helsinki che, dopo la rinuncia dei giapponesi, si era offerta di ospitare i Giochi.

Anche quattro giorni prima, il 25 luglio 1976, Juantorena aveva saputo offrire un altro capitolo di storia: il record del mondo strappato a Marcello Fiasconaro (1’43”5 a 1’43”7) affiancava il primo successo olimpico di un atleta non anglofono: sufficiente scorrere la lista dei vincitori per imbattersi in australiani, britannici, neozelandesi. E naturalmente americani, le prede preferite da Alberto che ritoccò il limite (1’43”44) alle Universiadi di Sofia. Quel tempo sarebbe stato record cubano per quasi vent’anni, sino alla finale di Atlanta quando a Norberto Tellez non servì correre in 1’42”85 per salire sul podio. Il sacrilegio meritava una punizione.

Giorgio Cimbrico

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