Una storia al giorno

29 Settembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

29 settembre. A rivedere oggi, nel 76° anniversario della sua scomparsa, le foto che lo ritraggono, nessuno potrebbe pensare che Raymond Ewry, per tutti Ray, avesse passato un’infanzia di malattia, immobilità, esclusione: alto, prestante e bello, come Robert Reford in quell’affascinante film ambientato nel baseball anni Trenta, “Il Migliore”. Anche Ray è stato il migliore, il migliore in una dimensione che non c’è più e che presenta ancor tracce nella valutazione degli atleti: i salti da fermo. Otto medaglie d’oro olimpiche (dieci, dandogli per buone quelle dei Giochi ufficiosi del Decennale, nel 1906) gli permettono di tallonare Paavo Nurmi e Carl Lewis e, attendendo Rio, di tenere ancora a distanza Usain Bolt. In gare individuali, solo Michael Phelps ha fatto meglio di lui.

Quella di Ray è la storia di un’ostinazione. Nell’ultimo scorcio del XIX secolo chi era colpito dalla poliomielite, doveva rassegnarsi a una vita in carrozzina, se andava bene con le grucce. Ray non si rassegnò, affinò una tecnica personale basata sulla contrazione dei muscoli, si rialzò in piedi. E a Parigi, nel 1900, guadagnò il soprannome che gli rimase appiccicato addosso: la rana umana, che riporta a una filastrocca del mondo anglosassone, Hop the Frog. L’exploit parigino venne consumato tutto in un giorno, il 10 luglio: 3,21 nel lungo, 10,58 nel triplo, 1,65 nell’alto. Di questi gesti che hanno del miracoloso esistono frammentarie riprese cinematografiche ma lo scorrere sincopato dei fotogrammi non gli rende giustizia.

Il secondo tris venne a St Louis, quattro anni dopo, segnata dal suo vertice nel lungo: con 3,47 (qualche fonte, nella trasformazione da piedi e pollici in metri e centimetri, gli assegna 3,48) stabilì un record mondiale che ha tenuto sino a quando, nel 1938, la specialità è stata cancellata dalle cronologie ufficiali della Iaaf. Sarebbe interessante rintracciare cosa sapevano fare senza rincorsa Carl Lewis, Mike Powell, Robert Emmian e Ivan Pedroso, tanto per limitarsi a chi è arrivato vicino ai 9 metri. A occhio, l’armeno e il cubano avrebbero potuto insidiare il giovanotto dell’Indiana che nel 1906 raggiunse Atene per le Olimpiadi celebrative e aggiunse due titoli (il triplo era stato rimosso dal programma) e nel 1908 passò ancora una volta l’Atlantico per i Giochi di Londra: un’altra doppietta, insidiato nel lungo dal greco Konstantinos Tsiklitiras che a Stoccolma, quattro anni dopo, sarebbe diventato campione olimpico prima di scomparire 25enne nella Guerra Balcanica. Ewry, che ormai 39enne non era riuscito a qualificarsi per Stoccolma,si dedicò per i 25 anni che gli restavano da vivere alla professione di ingegnere.

Giorgio Cimbrico



Condividi con
Seguici su: