Una storia al giorno

24 Luglio 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

24 luglio. Il giorno della vittoria è questo ma è bello raccontare quello che accadde nei giorni che vennero: la decorazione che in Francia sarebbe stata la Legion d’Onore e in Gran Bretagna un alto cavalierato dell’Impero; un aereo battezzato con il suo nome, così come uno stadio; due francobolli con il suo volto e il suo passo veloce; sei canzoni (calypso, naturalmente…) in suo onore. Tutte queste furono le piacevoli conseguenze della vittoria di Hasely Crawford, l’uomo di San Fernando,  Trinidad e Tobago, che a Montreal ’76 ebbe la meglio in un derby del Caribe, per un piccolo e enorme centesimo, su Don Quarrie e si lasciò alle spalle chi quattro anni prima aveva dato un saggio della perfezione tecnica nella corsa veloce: Valeri Borzov. Sino a quel momento solo un altro trinidadegno aveva conquistato la ribalta ma Emanuel McDonald Bailey a Londra ’48 e a Helsinki ’52 corse con la maglia della Gran Bretagna.  

Hasely, 1,90 per 87, campione del Commonwealth a 20 anni, a Edinburgo ’70, era un gigante fragile ed era consueto vederlo gareggiare con ampie fasce che gli proteggevano le cosce. Aveva scelto il Michigan e un allenatore americano, Bob Parks, e non era stato costretto a un lungo viaggio per raggiungere la sede dei Giochi, i suoi secondi dopo Monaco di Baviera, quando conquistò la finale ma non riuscì a portarla a termine.

Questa volta aveva una determinazione tremenda e raccontano che prese a intimidire gli avversari lanciando sguardi fuoco nella camera d’appello e in pista: Harvey Glance e John Jones, i due giovanissimi americani, ne furono impressionati. Non lo fu Borzov, anch’egli specialista nel tagliare le gambe con i suoi occhi di ghiaccio. In realtà l‘ucraino aveva ormai imboccato il viale del tramonto e la sua salita al podio è da ritenersi un risultato molto positivo. Hasely aveva individuato in Quarrie il vero avversario e lo piegò per una piccolissima incollatura (10”06 a 10”07) nel tratto finale. Gioia forte e adrenalina a mille lo spinsero a correre per altri 150 metri.

L’anno scorso, a Londra, dopo un’attesa durata 36 anni, Trinidad – che in questo lasso di temo ha saputo offrire il talento di Ato Boldon, gran collezionista di prestazioni e bronzo olimpico e della cometa Richard Thompson - tornò a festeggiare con un oro olimpico stordente: il giavellotto dei nordici, dei baltici, dei ceki, si trasformò in scettro nelle mani del giovane Keshorn Walcott, primo della storia a vincere Mondiali junior e Olimpiade nello stesso anno. C’è da stupirsi dopo tutti i grandi lanciatori che l’isola ha prodotto per lo sport più amato, il cricket? Loro hanno gambe ma hanno anche braccia. 

Giorgio Cimbrico



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