Una storia al giorno

19 Luglio 2013

Vicende e personaggi dell'atletica di sempre

19 luglio. E’ stato celebrato 22 giorni fa. Oggi si tratta solo di fare gli auguri a Marcello Fiasconaro che taglia il traguardo dei 64 anni. I record del povero Pietro stanno per giungere ai 34 anni, quello di March ne fatti 40 e per dare la consistenza e la portata di quel 1’43”7 è sempre bene guardare a chi aveva prima il record del mondo degli 800 e chi lo avrebbe migliorato dopo: Peter Snell neozelandese, Ralph Doubell australiano, Dave Wottle americano, tutti campioni olimpici, La sua divina improvvisazione durò tre anni, quando Alberto Juantorena gli strappò il primato in fondo alla finale dei Giochi di Montreal. Per proprietà transitiva anche Marcello meriterebbe il facsimile di una medaglia d’oro.

Marcello, nei suoi freschi giorni milanesi: “All’Arena non ero mai più stato e, chissà perché, la prima cosa che mi viene in mente è che avevo un gran mal di testa. E’ l’altra è che corsi sempre davanti, come piaceva a me: non mi sono mai piaciute le lepri e così ammiro David Rudisha che fa tutto da solo”. Rudisha è il masai che ha fatto impazzire lo stadio di Londra e che a March avrebbe dato un bel distacco. I tempi cambiano.

Anche lui ha fatto delirare – in 10.000 al Palasport di  Genova il 15 marzo 1972 per l’attacco al record del mondo indoor dei 400, sparring partner il piccolo polacco Andrzei Badenski e missione compiuta in 46”1 dentro un lungo boato -, perchè è stato un fenomeno mediatico ante-litteram, perché era simpatico a tutti, perché era generoso come quelli che vengono dal rugby, perché parlava l’italiano a modo suo ma sentiva robustissime le sue radici. Papà Gregorio, aviatore, prigioniero di guerra in Sudafrica, cantante d’opera e musicista, era siciliano.

“Sono un italiano nato in Sudafrica”: lo ha ripetuto anche durante la sua visita, vicina al compleanno e alla pensione: “Sarà in inverno, dopo molti anni passati a lavorare per l’Adidas. Dico la verità: sarei rimasto qui, ma volevo un’occupazione solida, seria, non fare l’uomo immagine di una compagnia di assicurazioni”. I tendini lo hanno sempre fatto ammattire e lo hanno costretto alla resa: “Anche adesso, è così non faccio più nemmeno 50 metri di corsa. Solo golf”. Nella zona nord di Johannesburg, dove vive, i campi non mancano.

Marcello con la maglia a righe orizzontali bianche e verdi, Marcello con la maglia azzurra sulla pista di Helsinki quando gli dissero di marcare Jan Werner polacco e lui eseguì come deve fare un buon primo centro ma gli sfuggì un giocatore di cricket che si chiamava David Jenkins e che sarebbe finito male. In azzurro, con Pietro: “Quando ho saputo della sua morte, ho provato un dolore forte. Avevamo caratteri diversi, ma avevamo corso con la stessa maglia addosso, eravamo amici”. Esiste una bella foto bianco e nero che li ritrae assieme, dopo la 4x400 degli Europei di Roma ’74. Fu il suo canto del cigno dopo una finale zoppa e disperata, un primo giro vertiginoso, la resa. Sempre da invitto.    

Giorgio Cimbrico



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