Un giorno, un'impresa

31 Maggio 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

31 maggio. Molto comodo ricordare che cinque anni fa – un lustro, si diceva una volta – Usain Bolt fulminò il suo primo lampo della sua seconda esistenza: 9”72 sulla pista ancora bagnata nello stadiolo di un suburb di New York, facendo strabuzzare gli occhi a palla di Tyson Gay: “Io correvo forte, ma lui più di me. E con passi che non finivano mai”.

Ma inoltrarsi su sentieri che percorrono il tempo molto più a fondo significa ritrovarsi cento anni ancora più indietro, alla tarda primavera del 1908, quando un purosangue genovese dominò il campo dei partenti sulla pista di 370 metri ricavata sotto i pini secolari di Piazza di Siena: il 2’31”0 sui 1000 metri di Emilio Lunghi, ultimo record mondiale sulla distanza nell’era pre-Iaaf, venne in fondo a una prova senza lepri, scandita dal passo calligrafico del giovanotto che, avesse scelto di approdare nella nascente Hollywood, non avrebbe avuto difficoltà a trovare interessanti ingaggi anticipando la saga di Rodolfo Valentino. Le cifre dicono tredici secondi di vantaggio sul secondo, Massimo Cartasegna, e passaggi che odorano di moderno: 56”2 e 1’59”2.

Poco più di sette settimane dopo, il 21 luglio, su un’altra pista che non esiste più, quella di White City, quartiere di Sheperd’s Bush, Lunghi avrebbe conquistato la prima medaglia italiana nell’atletica olimpica: secondo dietro a Mel Sheppard, che iniziò con ritmi violentissimi (un irreale 53”) per pagare in un secondo giro percorso in 59”8 ma sufficiente a dargli il record del mondo. Emilio, più prudente, chiuse in 1’54”2 tenendo a un secondo spaccato il tedesco Hans Braun. Ua settimana prima avrebbe potuto raccogliere qualcosa di solido anche nei 1500 ma la giuria aveva deciso di qualificare alla finale solo i vincitori delle otto batterie e Emilio, battuto nella sua da Norman Hallows (poi medaglia di bronzo), malgrado il secondo tempo assoluto (4’03’8) non ebbe accesso al turno decisivo.

Trasformato in globe trotter dell’atletica quasi quanto l’omino (Dorando Pietri) che seguì in bicicletta lungo apoteosi e dramma, Lunghi, che nella sua lunga trasferta nordamericana gareggiava per l’Irish Athletic di New York, scisse il suo capolavoro il 13 settembre 1909 ai campionati canadesi di Montreal con l’1’52”8 mondiale ottenuto, secondo le cronache dei giornali canadesi, “senza sforzo apparente”. Riconosciuto come record americano, venne inspiegabilmente omologato come limite italiano solo nel ’27, dopo la sua precoce morte, arrivata a 39 anni.

Giorgio Cimbrico



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