Un giorno, un'impresa

18 Maggio 2013

Appuntamento quotidiano con le storie dell'atletica

18 maggio. Ancora poco prima di spegnersi, esattamente 14 anni fa a Denver, Elizabeth Robinson, detta Betty, ne aveva da raccontare. Avendo memoria salda, diceva di passar per essere la prima olimpionica dell’atletica ma che non era vero: ad Amsterdam, 31 luglio 1928, questa primogenitura era toccata, venticinque minuti prima alla polacca Halina Konopacka, medaglia d’oro nel disco. E poi sarebbe toccato a lei, la prima campionessa dei 100 – su questo aspetto, nessun dubbio… - a 17 anni non ancora compiuti e alla quarta gara della sua vita, colta per mezzo metro sulla canadese Fanny Rosenfeld, detta Bobbie, 12”2 a 12”3. L’altra canadese, Myrtle Cook, che aveva firmato il record mondiale in 12”0 giusto un mese prima, il 2 luglio, ai campionati nazionali di Halifax, era stata squalificata per doppia falsa partenza, che in realtà fu quadrupla: a guardar la gara da bordo campo venne spedita anche la tedesca Helene Schmidt, detta Leni. “C’era molto nervosismo”, raccontava Betty. Capita anche a teatro, per le “prime” che contano.

Betty è stata un fenomeno di precocità mozartiana. Mai fatto atletica sino a quando, nella primavera del suo anno fatale e splendido, l’insegnante di biologia della sua high school di Riverdale, Illinois, la vede correre per prendere il treno. “Ti dispiace venire nel corridoio della scuola. Ho un cronometro e vediamo”. Vedono: Betty ha un motore che si accende al primo colpo di chiavetta. E così il 2 giugno è in pista a Chicago per una selezione pre-olimpica: 12”0 alla sua prima gara all’aperto. Sarebbe record del mondo ma sarà omologato un anno più tardi.

Al ritorno in patria diventa la teenager più famosa d’America: pioggia di coriandoli sulla parata in suo onore a Chicago. Tre anni più tardi la raccolgono dal relitto di un biplano: è in coma e sono più le ossa rotte che quelle sane. E’ ostinata, non si arrende anche se il ginocchio non riesce più a flettersi e non può chinarsi sui blocchi. Ma sul lanciato è sempre un’ira di Dio e così nel ’36 la rispolverano per la staffetta che si trasforma in un dramma di regime: all’ultimo cambio la Germania, record del mondo in batteria (46”4), è nettamente in testa ma Marie Dollinger e Ilse Doerffeldt falliscono nel pssaggio del bastone e gli Stati Uniti mettono le mani sull’oro. Betty è in seconda frazione: ancora campionessa olimpica dopo otto anni mentre il Fuehrer chiama le quattro madchen sul suo rostro e le consola. Sì, ne aveva da raccontare Betty, la ragazza più veloce d’America negli anni della Depressione e del New Deal.

Giorgio Cimbrico



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