Mondiali, a Pechino è sempre Bolt

23 Agosto 2015

Il giamaicano vince la finale dei 100 in 9.79, lo statunitense Gatlin è secondo a un solo centesimo (9.80). Titoli di giornata alla Ennis (Eptathlon), Kovacs (Peso), e Fajdek (martello)

di Marco Sicari

E’ sempre Bolt, all’interno del Bird’s Nest. Sembra che il giamaicano non possa perdere tra queste mura, nel luogo che sette anni fa lo consacrò mito sportivo dell’era moderna, e che oggi, a sette anni di distanza, torna a salutarlo campione del mondo. Bolt, ancora lui. Vince la gara delle gare di questo mondiale in 9.79 (-0.5), un centesimo meno di Justin Gatlin, il cui 9.77 delle semifinali (miglior crono di ammissione alla finale) ha probabilmente contribuito a determinare, ma solo per somma di ansie, il risultato conclusivo. Doppio bronzo a seguire, assegnato ex-aequo, con 9.92, allo statunitense Trayvon Bromell e al canadese Andre De Grasse (terza medaglia di giornata per i nordamericani). Le ansie di Gatlin, dunque, la paura di vincere, sommata a quella di perdere; la prima che dura 80 metri, la seconda che subentra e manda tutto all’aria, nei metri finali. E’ lì, la chiave di lettura di questa finale, avvincente più per l’attesa creata che per valori tecnici espressi. Gatlin che scappa, e accumula vantaggio; Bolt che costruisce la gara aspettando la fase lanciata, il momento più favorevole alle sue lunghe leve; Gatlin che percepisce la rimonta dell’avversario, e cerca un traguardo che in realtà è ancora lontano. Troppo, per cominciare a proiettare il petto in avanti. Bolt che ce la fa. L’eroe che si conferma (terzo titolo, non consecutivo, dopo quelli di Berlino e Mosca), e che fa scattare la festa. Niente lampo, per celebrare, o almeno, non prima di alcuni minuti, perché questo Bolt è diverso da quello olimpico del 2008, e sembra voler prendere le distanze anche dalla sua immagine, per tornare a scintillare. Arrivederci a Rio de Janeiro, tra un anno, per quella che sarà probabilmente l’ultima puntata, oltre che la rivincita.

Assegnati altri tre titoli, nella fresca serata del Bird’s Nest.

Quello del martello maschile è andato al pronosticato della vigilia, il polacco Pawel Fajdek, già d’oro due anni fa Mosca, e qui capace di confermarsi sul gradino più alto con due bordate sopra gli 80 metri, la migliore delle quali misurate a 80,88. Troppo per questi avversari, rimasti tutti a due metri (e più) di distanza. Il tagico Nazarov è argento con 78,55 la stessa misura buona per il bronzo, andato (all’ultimo lancio di gara) al polacco “di scorta” Nowicky. Il trionfo di Jessica Ennis-Hill nell’Eptathlon (6669 punti) è il secondo oro della Gran Bretagna nella rassegna, dopo il successo di Mo Farah nei 10000 di sabato. Ennis-Farah, la coppia d’assi con maglia griffata Union Jack, già capace di far vibrare Londra durante l’Olimpiade, e qui nuovamente al successo in combinata. Questi i parziali della neocampionessa del mondo: 12.91; 1,86; 13,73; 23.42; 6,43; 42,51; 2:10.13. Argento per la signora Eaton, la canadese Brianne Theisen (6554), terzo posto per la lettone laura Ikauniece-Admidina (con record nazionale di 6516 punti). Il getto del peso ha fatto vivere a lungo un sogno: quello del primo campione del mondo in maglia giamaicana. O’Dayne Richards, capace di una velocità di rotazione in pedana degna di un ballerino, sorprende i big in avvio, con il 21,69 del record nazionale. I sogni svaniscono al quinto turno, quando prima lo statunitense Kovacs (21,93), poi il tedesco Storl (21,74), rispediscono Richards più indietro, anche se comunque sul podio. Evento altrettanto storico.

Turni di qualificazione di spessore, sulla pista pechinese. Bella, anzi, bellissima, la tornata di semifinale dei 400hs. Dopo anni di depressione, la specialità sembra aver trovato tanti protagonisti, un “humus” così favorevole da poter generare nuovi punti di riferimento.

Otto finalisti in trentuno centesimi di secondo, tra 48.23 e 48.54; e con due keniani , entrambi apparentemente in grado di lottare per il podio (Mucheru Tumuti, a Pechino tra batteria e semifinale, toglie addirittura un secondo!). I primi cinque si migliorano, due di loro firmano anche il primato nazionale. Il più veloce è il russo Kudryavtsev, 48.23; a sei centesimi, il keniano Tumuti. Le semifinali degli 800 dicono che David Rudisha dovrà guardarsi soprattutto dal bosniaco Amel Tuka, l’uomo nuovo della specialità, impressionante per la facilità con la quale ha prodotto il cambio di ritmo che gli ha consentito di vincere la sua prova (1:44.84). Rudisha la mette sul piano tattico, e si impone in 1:47.70; il terzo vincitore è il polacco Kszczot (1:44.97), altro cliente da tenere sempre in considerazione. Due finali da sub-60 negli ultimi 400 metri nelle due semifinali dei 1500 metri donne. Nella prima, l’olandese Sifan Hassan ci mette rabbia (forse anche eccessiva) per chiudere in 4:15.38; nella seconda, l’etiope Genzebe Dibaba, la predestinata, si fa portare dalle avversarie per più di mille metri, prima di sfilarsi d’agilità dal gruppo per andare a vincere in 4:06.74.

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