Missoni fa 90: gli auguri dell'atletica



Ottavio Missoni, una vita che è un film. In technicolor naturalmente, visto che il suo nome, nel sodalizio con la moglie Rosita e la conseguente, successiva creazione di una casa di moda caratterizzata dai colori vivacissimi, ha fatto il giro del mondo. Auguri Ottavio, auguri dal grande mondo dell'atletica leggera del quale hai fatto parte fieramente da giovanotto e al quale non rinunci, altrettanto fieramente, ancora nelle competizioni master: oggi è il tuo compleanno numero 90, uso il «tu» perchè in questo modo ci siamo sempre parlati, perchè mi hai sempre accolto con simpatia, perchè mi raccontava di te nei primi Anni Sessanta, quando mi incamminai nel mestiere di giornalista, il mio maestro di giornalismo a Tuttosport, Renato Morino, che certo ricordi bene.

La tua vita è un film che ridurre nei due tempi tradizionali sarebbe sciuparlo. Tre, anzi quattro. Cominciamo dal secondo tempo, che ti inquadra alle Olimpiadi di Londra. E dagli spalti di White City ti inquadra anche una ragazzina di buona famiglia, Rosita Ielmini, 16 anni, in gita premio da un collegio svizzero. Che dice all'amica: vedi quel giovanotto lungo e magro? Quello diventerà mio marito. Mi raccontò l'episodio Augusto Frasca, davvero roba da film. E infatti cinque anni dopo tu lasciavi l'atletica, vi siete sposati, la creatività di lei insieme al tuo impegno e al tuo buon gusto hanno cominciato a lanciare una moda davvero geniale. Per la verità nella maglieria ti stavi già allenando da tempo, per così dire, perchè con il compagno d'armi Giorgio Oberweger ti eri inventato a Trieste una piccola fabbrica di maglieria, la Veniulia.

Il primo tempo di per sè sarebbe un altro film. La nascita a Ragusa l'11 febbraio del 1921, poi tempi duri, Trieste come approdo come tanti altri italiani per via delle tragiche vicende belliche, lo sport come salvezza per quella razza fiera e ben carrozzata che ha dato un'impronta allo sport azzurro, penso al tuo amico Cesare Rubini morto pochi giorni fa, a Ezio Loik, a Oberweger appunto, a Gabre Gabric, a Giorgio Grilz nuotatore, un po' più avanti ad Abdon Pamich, a Nino Benvenuti, e la lista non finirebbe più. L'atletica ti aveva accolto, a Milano con la maglia dell'Oberdan Pro Patria, non avevi ancora diciassette anni e sulla pista dell'Arena ora chiamata Gianni Brera, un altro tuo amico carissimo, correvi i 400 in 48''8 battendo allo sprint l'americano Robinson, primatista mondiale delle 880 yarde. Poi un 47''8 (da diciottenne, sulle piste di allora!) nella sfida Italia-Germania, con il mito Harbig davanti a Lanzi, tutti e due 46''7. Siamo sempre dell'Arena. Ma la guerrà vi inghiottì. Harbigh non tornò dal fronte russo, tu tornassi da quattro anni di prigionia in Egitto, preso dopo la battaglia di El Alamein, e il meglio del tuo fisico era rimasti nel campo di concentramento.

Parliamo del meglio dei muscoli appunto, però ancora sufficienti per incantare Rosita e per farti conquistare la finale dei 400 ostacoli, in quei giorni del ‘48 in cui l'atletica azzurra alzò la testa con i corazzieri del disco, Consolini e Tosi, primo e secondo. Poi quarto di un soffio agli Europei di Bruxelles 1950, sempre 400 ostacoli, nella scia di Armando Filiput splendido vincitore.

Ma ecco il terzo tempo,  l'industria, la moda, i figli, la bella villa di Sumirago in cui raccogliesti un giorno tanta atletica per festeggiare e onorare un tuo illustre predecessore nell'arte degli ostacoli, Luigi Facelli, colui che aveva sfidato il marchese di Exeter. Oggi giochi il quarto tempo e non hai nessuna intenzione di metterti in panchina. L'atletica è nel tuo dna, partecipi ai campionati masters nelle gare più impensate per respirare ancora quell'aria. Tu che fosti un esempio dello stile di corsa e della fluidità ti dedichi al salto in alto, o al peso, o al giavellotto. Con la tua arguzia e senso dell'ironia un giorno rispondesti così a una mia domanda: prima di iscrivermi alle gare, per capire quali possibilità ho di vincere, controllo con attenzione i necrologi...

Gianni Romeo

Nella foto, il Missoni pesista nella sua seconda carriera di atleta




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