Lambruschini traguardo 50

07 Gennaio 2015

Mezzo secolo fa a Fucecchio nasceva il siepista azzurro, campione europeo ad Helsinki 1994 e bronzo olimpico ad Atlanta 1996

di Giorgio Cimbrico

Non sembra vero ma Alessandro Lambruschini taglia il traguardo dei 50 anni. Non sembra vero perché lui ha sempre quegli occhi che bucano come spilli e, come dice Paolo Conte, quella faccia allegra da italiano in gita. Sarà perché non è mai stato con le mani in mano. O meglio, a pié fermo. Anche per il contributo del padre di Cristina, vale a dire suo suocero, Luciano Gigliotti. In ogni caso, negli ultimi anni è stato segnalato nel deserto, non per un tè ma per una 100 chilometri, e ancora da podio, europeo e mondiale, nel duathlon: corsa più bici. Il biathlon non c’entra.

Per Lambruschini ho rischiato. Nella vigilia lunga delle Olimpiadi di Atlanta, avevo puntato su di lui e così, quando al giornale parlavano delle nuove gomme della Ferrari, mi lanciai in un esercizio di provocazione: “Vorrei scrivere un pezzo sulle nuove scarpe che sta provando Lambruschini per l’Olimpiade”. Mi guardarono come un pazzo, ma non avevo torto. Il cavallo era buono.

La sera della finale era il 2 agosto, solito caldo afoso della Georgia. Kenyani lucidi di sudore. Suda anche Sandro ma il passo è buono, la testa giusta. Sa che deve affrontare saltafossi che sanno trasformarsi in satanassi e sa anche che la musica comincerà al suono della campana che, come diceva John Donne, suona sempre per te. La sorpresa è che a giocarsi le medaglie non c’è più Matthew Birir, campione olimpico quattro anni prima a Barcellona, tagliato fuori quando mancano due giri alla fine. Sono passati quasi vent’anni ma tutto è ancora molto chiaro: Sandro sta dietro a Moses Kiptanui dal labbro pendulo e sussultante, a quel punto il naturale favorito, e a Joseph Keter, sconosciuto, neanche tanto giovane e, lo scopriremo dopo, uno dei pochi kenyani a parlare solo swahili. Sulla barriera che sta più o meno alla partenza dei 200, K&K danno un’accelerata impressionante, Sandro prova ad agganciarsi ma siccome non è stupido, evita la rottura e guarda da dietro la sconfitta del sovrano delle siepi e il trionfo del carneade. Sul traguardo, Kenya, Kenya, Italia, Kenya. Come tre anni prima ai Mondiali di Stoccarda. Il kenyano d’Italia non viene dalla Ritf Valley, ma da Fucecchio, compaesano di Indro Montanelli.

Ora ha passato l’Appennino e sta dall’altra parte, a Modena. Qualche mese fa, ripercorrendo le imprese degli azzurri in Coppa Europa, mi ero lanciato in uno scenario di pura fantasy, con uno spruzzo di dispetto, schizzando uno di quei racconti basati sulla teoria delle dimensioni parallele. In quella che avevo scelto i kenyani giocavano a cricket – o magari a biliardo – e a correre proprio non pensavano, meno che mai ad affrontare degli ostacoli o a piombare improvvisamente in una pozza d’acqua fredda. In questa sfera Sandro sarebbe stato medaglia d’argento a Seul, dietro al britannico Mark Rowland, campione olimpico a Barcellona, campione olimpico ad Atlanta, dove si era presentato da campione d’Europa (quel gesto di Panetta a Helsinki ‘94 non è stato cancellato dalla risacca del tempo) e proprio sulle piste del vecchio continente avrebbe lasciato i suoi ultimi segni: la quinta vittoria in Coppa,  a San Pietroburgo, e l’invenzione del secondo posto agli Europei di Budapest, dietro al tedesco Damian Kallabis.

Quando in Europa c’erano punti molto solidi da portare a casa, non ha mai avuto compiti proibitivi: tutto sommato, la vittoria più pregiata è la prima, nell’89, a Gateshead, davanti ad Hagen Melzer, il ddr che tre anni prima a Stoccarda era andato a catturare la lepre ringhiante Panetta in quei metri finali che divennero passi nel delirio e nell’orgoglio di chi, da battuto, restò invitto. Il successo fa parte di una collezione con altri quattro bersagli pieni, due secondi e un terzo posto nelle amatissime siepi, ma anche grazie a efficaci e generose apparizioni nei 3000 e nei 5000. Il titolo d’Europa e un record personale portato a 8’08”78 completano il quadro statistico ma ridurre Sandro ad albo d’oro e numeri sarebbe peggio che un delitto. Sarebbe un errore.

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Alessandro Lambruschini in azione in Coppa Europa (archivio FIDAL)



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