Internazionale, gli eroi non sono stanchi



Riprende oggi l'appuntamento con la panoramica sull'attività internazionale, sospeso in concomitanza dei Giochi Olimpici di Atene. Alcuni temi e rilievi statistici individuali, di area e di settore espressi dalle Olimpiadi saranno approfonditi prossimamente sulla rivista federale. In questo spazio occupiamoci del dopo-Atene, già ricchissimo. Ci eravamo lasciati con la puntata zurighese della Golden League e con la stessa vetrina riallacciamo il filo della cronaca. La multinazionale Shaheen Kenyano fino a poco più di un anno fa, qataregno poi, ed allenato da Renato Canova. Questo è l'identikit del neoprimatista del mondo delle siepi. L'impresa (un 7:53.63 che può essere migliorato ulteriormente da quanto si è visto) è stata realizzata nel giorno del rientro alle gare, dopo la clamorosa squalifica di due anni fa (per EPO), del vecchio primatista mondiale, il marocchino Brahim Boulami. Nella gara di Bruxelles sette atleti sono scesi sotto gli otto minuti e dieci, compresi i ragazzini Kipruto (sul podio ad Atene) e Obaid (quarto dietro la dittatura kenyana ed argento a Grosseto), qataregno anch'egli ma (poco) conosciuto in precendenza come Moses Kimutai. La multiprimatista Isinbayeva Un altro centimetro aggiunto al primato mondiale dell'asta per la campionessa olimpica, salita a 4.92 e proiettata per la prossima stagione verso i cinque metri, presumibilmente nell'arco di otto puntate. Sbollita la Rogowska, sempre terza dietro la coppia russa Isinbayeva-Feofanova negli ultimi meetings da record e terza come da pronostico anche ad Atene, si sono spinte molto in alto la terza dama spaziale russa Polnova e la polacca Pyrek, giunta a quasi settanta primati nazionali grazie al 4.72 di Bruxelles. Venti centimetri dalla vetta sono tanti, direte, ma rappresentano tuttavia il quinto risultato di sempre ed una misura che appena poco più di tre anni fa era primato mondiale. Altri lampi a Bruxelles Il più accecante lo ha mostrato il giamaicano Asafa Powell, chiudendo in 9.87 la sfida dei cento grazie ad una seconda parte di gara strabiliante. Vento appena contrario, ma insufficiente a negare allo sprinter il primato nazionale. Powell, quinto ad Atene malgrado le attese dei più lo pronosticassero sul podio olimpico, si è liberato della tensione e sulla pista belga ha centrato una prestazione che con condizioni ambientali più favorevoli lo avrebbe portato a ridosso del primato del mondo. Come supposto su queste pagine qualche settimana fa anticipando i temi dei Giochi, nella kermesse dei quattro turni il rivale dell'ultimo periodo Greene ha avuto la meglio sul potente giamaicano. Non è bastato tuttavia all'americano per confermarsi all'oro, ed a tal proposito, scorrendo a ritroso l'ultima parte di stagione, notiamo che il campione olimpico Gatlin, mentre Powell e Greene duellavano sotto i dieci netti, prendeva da uno a tre metri da entrambi ad ogni apparizione. Quando si dice una saggia amministrazione. In pista si sono viste corse eccezionali. I 1500 orfani dello stanco El Guerrouj hanno offerto cinque specialisti sotto i 3'31", con Tim Kiptanui che si riprende una platonica rivincita su Lagat e Silva e soprattutto il sempre più sorprendente ucraino Heshko, giunto a 3:30.33. Nell'olimpo dei migliori dieci di sempre anche Eliud Kipchoge sui 3000, con 7:27.72. Meno sorprendente la vittoria sui diecimila metri (26:59.54) di Hassan, alias Albert Chepkurui, fresco e riposato dopo la forzata sosta olimpica (anche per lui, passaporto del Qatar da un anno, è valso il veto imposto a Shaheen). Dal 10000 di Bruxelles segnaliamo il record del mondo junior dell'ugandese Boniface Kiprop (27:04.00), mentre un altro limite mondiale (migliore prestazione under 18 per la precisione) è stato ottenuto, sempre nel mezzofondo, da Augustine Choge, iridato sui 5000 a Grosseto, che domenica a Rieti ha corso e vinto i 3000 metri in 7:36.82, migliorando la prestazione precedente di cui era accreditato Hillary Chenonge (7:39.22). Il 17enne kenyano Choge, già iridato under18 a Sherbrooke, ha battuto proprio il neoprimatista junior dei 10000, l'ugandese Kiprop. Nel dopo-Atene abbiamo perso per strada (l'argomento è l'oro del Grand Prix) Felix Sanchez, fermato nella ritmica da un malanno muscolare. Via libera ad Olsson e Tonique Williams per l'ultimo osso da addentare, domenica prossima a Berlino. Lo svedese ha superato di nuovo il duo Burkenya-Oprea come ad Atene, ma a posizioni invertite, mentre la caraibica ha lasciato indietro ancora una volta la Guevara, che pare aver accettato serenamente il ruolo di number two. Come anticipo della finale del Grand Prix di Montecarlo, i martellisti si sono dati appuntamento a Szombathely: deluso dai Giochi ma confortato dalla classifica di specialità, si è imposto il finnico Karjalainen tra gli uomini, mentre la Kuzenkova non ha fatto sconti né qui né ad Atene ed ha battuto la Tsander e la Montebrun, inopinatamente fattasi eliminare in qualificazione alle Olimpiadi, come altre stelle francesi cadute pesantemente e precocemente (Arron, Hurtis, Baala, Mesnil). Passerella di titani: USA vs RUS Gli incontri tra Stati Uniti e Russia hanno destato sempre un interesse particolare ed offerto risultati a volte storici: stavolta a Mosca le pattuglie erano logorate dalle fatiche ateniesi, ma qualche neocampione olimpico ancora in vena si è visto, come la Hayes e la Slesarenko, capaci di prestazioni come 12.78 sugli ostacoli e due metri nell'alto. Nel lungo, la Lebedeva si è fatta battere di un centimetro dalla Simagina (6.83). Vena scarsissima per Dwight Phillips, battuto con 7.81 dal triplista Burkenya, che è tornato al vecchio amore del lungo per l'occasione (7.84). Varie dall'Europa Rientrato dal bronzo olimpico, il ceko Baba è tornato sulla terra. Dal 2.34 col quale aveva salutato il mondo dal podio di Atene, è passato ai 2.16 ottenuto a Pardubice, domenica. Stesso destino per il biondo Hemingway, battuto dai gemelli Ciotti a Rieti ad autore di un modesto 2.22. Le vacanze sono evidentemente vicine per entrambi. Non per Stefan Holm, ancora capace di salire a 2.35 nell'ambito del classico confronto di inizio settembre Svezia-Finlandia, e di mancare tre prove all'assalto dei 2.40, nella vana rincorsa al record mondiale del differenziale altezza-quota, tuttora detenuto dallo statunitense Franklin Jacobs. Nella due giorni di Goeteborg attività intensissima per Carolina Klueft, alla quale l'oro olimpico ha ridato altre nuovissime ed infinite energie: la svedesona ha corso i 100 (quarta in 11.66), i 200 (seconda in 23.30), gli ostacoli (quarta in 13.36), ed ha saltato vittoriosa in alto (1.84) e in lungo (6.54). Non è finita: al sabato ha centrato anche il primato personale nel triplo con 13.84 (battuta dalla bellissima Koivula, signora Kruger). Da segnalare nel lungo maschile l'exploit di Tommi Evila, atterrato a 8.15, ed il solito Olsson, appena rientrato da Bruxelles, capace di 17.49. Ultime due settimane di attività in Germania al via: domenica a Bad Kostritz meeting di lanci, con successi del sudafricano Robberts nel peso (20.61), e della Cechlova-Pospisilova nel disco con 64.43. Robberts è un altro reduce triste dal teatro di Olimpia. Lui ed il terzo americano Hoffa puntavano a disputare la finale ed a qualcosina in più, invece fuori al mattino presto e discorso rinviato a Pechino: sono giovani e si vedrà. Ancora dalla Germania già due gare post-argento olimpico per Steffi Nerius, sempre oltre i 61 metri nel giavellotto. Italiani in trasferta Reduce dalla maratona olimpica, Bruna Genovese ha chiuso al nono posto la Flora Light Challenge, corsa su strada che si è disputata nell'area londinese. L'azzurra ha percorso la distanza in 16:09. Vittoria a Sonia o'Sullivan in 15:06 davanti alla Tulu (bronzo ai Giochi sui 10000) staccata di due secondi. Ancora dalle strade del Nord Europa la dieci chilometri di Tilburg, Olanda, con vittoria per Lornah Kiplagat, quinta sui 10000 di Atene, in 30:59. In Norvegia, a Hilversum, doppio successo nei lanci per Laura Bordignon (15.17 e 54.45), e 12.61 nel salto triplo per Francesca Carlotto. Martedì prossimo disamina del meeting di Berlino e delle restanti notizie dall'estero, in vista del gran finale del circuito Grand Prix, a Montecarlo. Marco Buccellato


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