I campioni sul grande schermo

15 Ottobre 2015

Da Consolini e Gentile, ecco i big dell'atletica che in carriera sono diventati anche volti del cinema     

di Giorgio Cimbrico

Rivedere in sequenza l’interminabile saga di 007 proposta da Sky è servito anche a scovare il volto e il fisico, diventato assai corpulento, di Rafer Johnson, olimpionico nel decathlon a Roma ’60 in fondo a un magnifico e commovente duello con Yang Chaun-kwang, cinese di Taipei. Rafer, noto kennedyano e testimone diretto dell’assassinio di Bob Kennedy, interpretava un pescatore, collaboratore del servizio segreto britannico e amico di James Bond, nell’occasione (“Licence to kill”, in italiano “Vendetta privata”) interpretato da Timothy Dalton.

Johnson si è trasformato nella molla per una rapida ricerca sui campioni finiti sullo schermo, un itinerario che ha permesso di ritrovare la coppia di ferro dell’atletica italiana: Adolfo Consolini come Maciste, fabbro ferraio e ardito del popolo in “Cronache di Poveri Amanti” di Carlo Lizzani, dal romanzo di Vasco Pratolini, e Giuseppe Tosi, mastodontico pugile nel “Ritorno di Don Camillo” di Julien Duvivier, parte della saga di Giovannino Guareschi. Nell’occasione il corazziere di Borgo Ticino viene messo ko dal marsigliese Fernandel. Non fu l’unica apparizione cinematografica di Beppone, splendido eterno secondo alle spalle dell’amico Adolfo: presenze sono segnalate in “Quo Vadis”, “Ben Hur” e “Totò al Giro d’Italia”.

Agli appassionati di atletica e di cinema è quasi inutile segnalare il Giasone di Beppe Gentile in “Medea” di Pier Paolo Pasolini.

Nel film, interpretato dalla maschera tragica di Maria Callas, la parte di Ercole toccò a Gianni Brandizzi, discobolo che si rese protagonista di un singolare evento: la fondazione di un club che lo vedeva presidente, allenatore e unico atleta, Aunakanappa. Di livello assoluto, per qualità, anche l’apparizione sullo schermo di Adhemar Ferreira da Silva, due volte campione olimpico di salto triplo, la Morte in “Orfeo Negro” di Marcel Camus che ebbe sia la Palma d’Oro di Cannes che l’Oscar come miglior film straniero.

Passando a pellicole più “leggere”, entra in scena Ricky Bruch, mastodontico e bizzarro discobolo svedese che venne preferito a Bud Spencer per “Anche gli angeli tirano di destro” al fianco di Giuliano Gemma 8che sarebbe stato un eccellente decathleta), e Carl Lewis che oltre ad apparizioni in prodotti televisivi, ha al suo attivo una parte in un non memorabile film di fantascienza ambientato in una base antartica che riceve la visita di un mostruoso e spietato essere che arriva dallo spazio

Chi avrebbe voluto approdare sullo schermo e fu molto vicino a centrare l’obiettivo è stato Don Bragg, l’astista che salutò la sua vittoria olimpica a Roma ’60 con un urlo alla Tarzan. Venne ingaggiato proprio per un film sul re delle scimmie (“Tarzan e i gioielli di Opar”) ma la produzione venne bloccata al primo giro di manovella perché i diritti d’autore non erano stati rispettati. Si consolò diventando prima droghiere e poi gestore di un campeggio per ragazzi in New Jersey. Chi avrebbe dovuto arrivare sullo schermo è Yelena Isinbayeva che – non c’è nessun dubbio – nella parte di Lara Croft, avventuriera e archeologa, sarebbe stata meglio di Angelina Jolie. Record, corone e maternità hanno spezzato il sogno di vederla in azione. Senza controfigura.

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