Galvan un piede in fallo, Scarpellini KO



Doccia gelata sui sogni di gloria coltivati dagli azzurri a Pechino: purtroppo, alla prova dei fatti, né Matteo Galvan né Elena Scarpellini sono riusciti a dar corpo alle loro e alle nostre speranze. Per Galvan, colmo di sfortuna, non ci sarà neanche la soddisfazione di un piazzamento da ricordare: un paio di passi a cavallo della linea interna quasi a fine curva ed è scattata la squalifica nei 200. “Non c’era neppure motivo per fare ricorso – spiega il responsabile tecnico Francesco Uguagliati – Abbiamo visionato il filmato e il provvedimento è sacrosanto”. In pista era stata più o meno la gara che si poteva aspettare: solito tempo di reazione inguardabile (0.196) e, stavolta, non c’è stato lieto fine. E' chiaro che il sesto posto raggiunto sul traguardo (21.19 il tempo al photofinish), sarebbe stato un piazzamento più che accettabile per il vicentino, che era anche il più giovane di tutti gli 8 partecipanti. Troppi comunque i metri di svantaggio accumulati all’uscita della curva: e inutile – in tutti i sensi - il solito, spettacoloso recupero nel rettilineo su tutti gli avversari. Resta in definitiva il valore della terza finale raggiunta da un 200ista italiano nella storia dei Mondiali juniores: in precedenza c’erano riusciti Massimiliano Donati, settimo ad Annecy ’98, ed il fantastico Andrew Howe di Grosseto 2004. Ma la squalifica di Galvan non è rimasta isolata: dopo aver forse lasciato troppo correre nelle prime giornate, stasera i giudici cinesi hanno evidentemente deciso che bisognava farsi sentire. E così anche l’ucraino Dmytro Ostrovsky, che aveva tagliato per primo il traguardo (20.86 il suo tempo), è stato tolto di classifica: è ancora in corso il reclamo della delegazione ucraina, anche se – a detta dei tecnici italiani che hanno controllato le immagini disponibili – l’infrazione di invasione di corsia c’era tutta anche in questo caso. Eppure Ostrovsky, come già avevamo notato nei turni eliminatori, è stato la vera rivelazione di questi Mondiali. Bei piedi, corsa redditizia e piacevole sotto il profilo stilistico: è probabile che di lui, se assorbirà il contraccolpo psicologico di questo evento, risentiremo parlare al piano di sopra. Prosegue allora il miracolo estone: dopo gli ori del gigante Margus Hunt nel disco e della bella Kare Leibak nel triplo, è arrivato anche il terzo - appunto sui 200, del tutto inatteso - per merito di Marek Niit (primato nazionale con 20.96). Solo all’argento il canadese Barnett (21.00), già muscolarmente ben strutturato come molti atleti di colore, e quindi bronzo per il britannico Alexander Nelson: sarà proprio lui l’unico avversario di oggi che Galvan ritroverà nella categoria anche il prossimo anno. SCARPELLINI DECIMA Anche quella dell’asta è stata una finale piena di colpi di scena, dove Elena Scarpellini – in giornata non felice – ha sicuramente gettato al vento fors’anche una chance di podio. Fuori alla misura d’entrata (4.00) una delle favorite d’obbligo, la campionessa uscente Liza Rizikh; subito fuori (3.80) anche la cinese Li Ling, quanto meno a caccia di una medaglia. Presto in crisi anche la capolista stagionale Valeriya Volik (solo 4.10 per la russa): c'era spazio per chi avesse voglia e capacità. Purtroppo la bergamasca non è riuscita ad approfittare della ghiotta occasione: 3.80 tranquillo alla prima prova, poi assolutamente iriconoscibile nei tre tentativi a 4.00, una quota per lei del tutto accessibile e del resto era lì che cominciava la vera finale. Alla fine è stata proprio la cinese Zhou Yang a far felice la tribuna, essendo stata l’unica a superare i 4.30, davanti alla slovena Tina Sutej (4.25, sfruttando alla grande il suo ruolo di outsider) e alla giovanissima australiana Vicky Parnov (4.20). Gara difficile, senza dubbio, ma Elena ci aveva abituati troppo bene e per questo rimane un po’ d’amarezza per aver visto sfumare una medaglia possibile: sugli annuari rimarrà solo un decimo posto. E poco da festeggiare nella terza finale della giornata che vedeva impegnato un azzurro: quella del martello. Lorenzo Rocchi non è riuscito a schiodarsi da quella 12^ piazza che la logica e i numeri gli attribuivano in partenza: dispiace ancor di più per la misura, un insignificante 65.77, oltre che per i due nulli che hanno condito il suo passaggio nella gara di Pechino. Non rimane a questo punto che far tesoro dell’esperienza: la storia insegna che i Mondiali juniores sono tutt’altro che un punto d’arrivo nella carriera di un atleta. A maggior ragione per i ragazzi italiani che, a confronto con molti colleghi stranieri trovati qui, seguono un percorso di crescita fisica e tecnica molto meno accelerata: c'è da sperare che per i giovani azzurri la vera atletica sia cominciata proprio a Pechino. LE ALTRE FINALI Un’altra stupenda volata della bulgara Naimova ha deciso la finale dei 200 metri femminili: vento a -0.9, ma per la balcanica dalla zazzera rossa è stata una cavalcata trionfale, come e meglio dell’oro sullo sprint puro. Il suo 22.99 dice già molto sul talento di questa atleta, che crediamo abbia gettato le premesse per una carriera ricca di soddisfazioni anche a livello assoluto. L’argento, a debita distanza, è andato alla brasiliana Vanda Gomes (23.59: e ora le sudamericane cominciano ad essere pericolose anche in chiave staffetta, dopo aver visto la Krasucki finalista sui 100 metri), mentre per il bronzo l’ha spuntata la polacca Ewelina Klocek (23.63). La finale dei 400hs, benchè non eccezionale sotto il profilo cronometrico, è stata molto spettacolare: vittoria al favorito d'obbligo, lo statunitense Chris Carter, ma il saudita Bandar Shraeli (secondo in 50.34) ha richiamato alla mente il suo connazionale Mohammed Al-Bishi, grande protagonista della specialità alcune stagioni or sono. Sul podio è arrivato anche l’ucraino Stanislav Melnykov (50.43). Fantastica l’impresa della moldova Olga Cristea sugli 800 metri: lei che aveva corso in 2:01.29 nel 2004, appena sedicenne, e che lo scorso anno a Marrakech aveva vinto l’argento nei Mondiali U.18, è riuscita a rimettere in piedi appena in tempo una stagione deludente ed ha colto un oro insperato (2:04.52), battendo in volata la kenyana Winny Chebet (2:04.59) e l’americana Rebekah Noble (2:04.90). Doppietta kenyana nella omologa finale maschile, anche qui con un arrivo estremamente serrato: oro a Rudisha (1:47.40), davanti a Kivuna (1:47.64), mentre il bronzo è andato all’ugandese Chepkirwok, uno dei prospetti più interessanti dell’intera rassegna di Pechino. Finisce così senza gloria il tentativo di doppietta del kenyano del Bahrein Mansour Ali: settimo oggi negli 800 metri, torna a casa solo con un bronzino sui 1500. Vento nullo nella finale dei 100hs e arrivo al photofinish: ha vinto la russa Shtepa (13.33), davanti alla norvegese Vukicevic (13.34) e alla statunitense Ofili (13.37). Non mai è giusto mettere a confronto prestazioni cronometriche ottenute in condizioni diverse, ma i numeri dicono che la Veronica Borsi dello scorso anno avrebbe potuto anche dire la sua. Peccato, l'ennesimo rimpianto di una spedizione azzurra certo non fortunata. File allegati:
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