Europei indoor, una squadra di lupi



C’è un dato che colpisce più degli altri, a ventiquattr’ore dalla conclusione dei Campionati Europei indoor di Birmingham, e che dà la misura, netta, della presenza azzurra (meglio dire: dell’ingombro) nella rassegna. Quel secondo posto nel medagliere, alle spalle della sola Gran Bretagna, che ci precede per una medaglia d’oro in più. Dietro l’Italia, in ordine sparso, Russia, Germania, Francia, Spagna, Svezia e tutte le altre. Su questo aspetto si soffermavano ieri i tanti osservatori stranieri che hanno magnificato le gesta di uomini e donne con lo scudetto tricolore: quel secondo posto nel medagliere. Chi ci avrebbe scommesso, alla vigilia? Pochi, almeno tra i sani di mente (nessuno, questo è certo, tra i numerosi catastrofisti che popolano l’ambiente della nostra atletica). Eppure, è successo, è scritto lì, nella pagina conclusiva del libro della manifestazione. Sei medaglie, nove finalisti, due record italiani assoluti (a cui si sommano altri 4 primati personali), 54 punti nella classifica per nazioni stilata sulla base dei piazzamenti (otto punti al primo, un punto all’ottavo), che ci vede al settimo posto, neanche troppo lontani dalle posizioni superiori (Russia e UK a parte). Dati certi, numerici, che fanno sorridere di soddisfazione. E che danno il senso di quanto questa sia davvero una “squadra”, composta di tanti atleti diversi, tutti o quasi in grado di competere ad armi pari con i propri avversari, sena remore, senza ostacoli mentali a sommarsi alla già ovvia difficoltà di una gara. Cosa è cambiato? Un paio di cose, probabilmente. La prima, per certi versi già accennata: un diverso approccio alla competizione. Nessuno contento di partecipare, nessuno felice di aver fatto il minimo. Tutti invece disposti a ragionare sul passaggio del turno o della qualificazione, tutti a valutare alla vigilia avversari e (ove previste) tattiche di gara. Ve lo assicuriamo: non è sempre stato così. La seconda, per certi versi collegata alla prima: una consapevolezza diversa delle proprie possibilità. Nessun avversario da guardare dal basso in alto, nessun traguardo assolutamente impossibile da raggiungere. E poi, la scossa finale, una sorta di ingrediente segreto, che è un mix di desiderio di emulazione e voglia di autoaffermazione: insomma, in parole povere, l’aver visto Mimmo Caliandro trionfare ha prodotto un vero e proprio corto circuito nel gruppo, trasformando anche gli agnellini in un branco di lupi.

Nomi? Che dire di Maurizio Bobbato? Nella stessa situazione, l’aver raggiunto la finale lo avrebbe probabilmente portato ad estraniarsi dalla realtà. Invece, l’ottocentista veneto, sempre più bravo nel calocare le mosse degli avversari in corsa, ha pienamente compreso di non essere inferiore alla maggior parte dei finalisti, e ha scelto di vendere cara la pelle, lottando fino in fondo per la medaglia. Una squadra di fighters, insomma. E Silvia Weissteiner? Quando l’abbiamo vista recuperare metri anche alla Domingues, una delle migliori al mondo nei finali convulsi (e si viaggiava intorno all’8:45…) l’ipotesi di essere di fronte ad un’inversione di tendenza è diventata certezza. La rabbia di Howe, la determinazione della Legnante, l’autorità di Antonietta Di Martino, sono tutte conferme del clima diverso respirato in seno al gruppo. Ma ci sono anche altri esempi. Quello che piace di più è Fabio Cerutti, ragazzo dai mezzi e dalla personalità davvero notevoli, doti che fanno ben sperare per il futuro: ci ha provato sempre, eguagliando il personale e sfiorando anche lui il bersaglio grosso (la seconda partenza, poi chiamata falsa all’inglese Scott, era quella buona: 0.114 di reazione al via…). Certo, non tutto è andato come avrebbe dovuto. Chiara Rosa, da sicura finalista è andata in tilt, così come i saltatori in alto Filippo Campioli e Nicola Ciotti, che hanno chiaramente steccato. Ma sarebbe demenziale non riconoscere – per di più con un bilancio del genere – che la cosa rientra decisamente nel fisiologico. Godiamoci il momento, sfruttando qusto magnifico trampolino di lancio per tuffarci in una stagione estiva che sembra nascere con i migliori auspici. Marco Sicari Nelle foto, il gruppo dei medagliati prima della festa conclusiva, Assunta legnante con il tricolore, e Maurizio Bobbato in azione (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL)



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