Dal paese di Babbo Natale

24 Dicembre 2015

La storia del lanciatore finlandese oro olimpico nel peso ai Giochi del 1920 e poi argento nel martello nel 1932

di Giorgio Cimbrico

La vigilia di Natale portò in casa Porhola il dono di un bambino: lo chiamarono Frans Wilhelm per non  disperdere l’origine tedesco-svedese della famiglia che, prima di finlandizzarsi, portava il cognome di Horneman. La data di questa natività risale al 1897, la scena si svolge a Alatornio, Lapponia occidentale: Rovaniemi, il paese di Babbo Natale, è solo a qualche ora di slitta. Il bambinello, cresciuto, avrebbe portato diversi doni alla sua patria e alla sua fredda e silenziosa regione.

Frans Wilhelm - per tutti Ville, ma al paese più noto come Roytta Karhu, l’Orso di Roytta, un’isoletta nei pressi - non si iscrisse alla numerosa confraternita Suomi dell’amatissimo giavellotto, ma preferì il kultaa, il lancio del peso. Malgrado il soprannome, le sue misure non erano quelle di un gigantesco plantigrado (1,80 per poco più di 90 kg), ma all’epoca dovevano apparire sufficientemente impressionanti. Fosse nato in un paese dove regnava il rugby, carriera assicurata da pilone.

Ad Anversa, nell’Olimpiade che andò in scena nello stadio Pershing – così battezzato in onore del comandante del corpo di spedizione americano – Ville non ebbe difficoltà a regolare la concorrenza con la tecnica “laterale” allora in voga: 14,81, lasciando a sessanta centimetri abbondanti il connazionale Elmar Niklander. Val la pena ricordare che terzo, a un’inezia dall’argento, finì l’americano Harry Liversedge che un quarto di secondo dopo comandò le truppe che a Iwo Jima diedero l’assalto al monte Suribachi. La battaglia diede origine a una delle foto più famose di tutti tempi, quella dei marines che piantano la bandiera a stelle e strisce.

A Washington ne hanno fatto un gruppo bronzeo.

Impegnato sin da giovane nell’industria del legname, Ville mise in mostra una poliedricità abbastanza inusuale tra i lanciatori, spaziando dal peso al disco, dal martello al pietrone, e riuscendo a metter le mani anche su un titolo nazionale nel triplo da fermo. Tornò a essere competitivo a livelli assoluti dodici anni dopo il suo giorno di gloria e a Los Angeles andò vicinissimo a confezionare un’accoppiata unica: in testa per cinque turni venne superato solo all’ultimo lancio dal’irlandese Patrick (Padraig) O’Callaghan, uno dei nomi leggendari nella storia del martello. O’Callaghan, nativo della contea di Cork, ex giocatore di calcio gaelico e di rugby, ha un record: gli bastarono tredici mesi per impadronirsi della tecnica e vincere il suo primo oro ad Amsterdam. Al Coliseum, ormai con l’acqua alla gola, sparò a 53,92 e concesse il bis ai danni di Ville che si era spinto sino a 52,27. Come il cigno di Tuonela, musicato da Sibelius, Porhola, omai 37enne, concesse il suo ultimo canto agli Europei di Torino 1934 andando ancora oltre i 50 metri e precedendo il modenese Fernando Vandelli.

La Finlandia sarebbe tornata a conquistare l’oro olimpico del peso ottant’anni dopo Porhola. Capitò a  Sydney, nel 2000, grazie a Arsi Harju, appena più alto, più grosso, molto tatuato e sempre con una bandana in testa. Al suo ritorno dall’Australia i compaesani di Kurikka (Ostrobotnia, più a sud del luogo natale di Ville) gli regalarono una Harley Davidson: il dono si adattava perfettamente al personaggio. La Finlandia è proprio il paese dove i regali, fatti o ricevuti, la fanno da padroni. Per altre informazioni, rivolgersi a Rovaniemi. In queste ore sono molto impegnati ma di solito sono gentilissimi.

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