Camossi: "Agli Assoluti, ma non come comparsa"



Che fine ha fatto Paolo Camossi? Dopo che nel 2004 ha inseguito un risultato a dispetto di una condizione fisica che non è mai arrivata, dell’ex campione del mondo indoor di salto triplo si sono perse le tracce. All’inizio della stagione indoor si sperava di rivederlo in pedana, finalmente guarito dai suoi problemi, invece nulla. Il campione delle Fiamme Azzurre è ancora lontano dalle gare, anche se forse la luce in fondo al tunnel è vicina: “Mi sto allenando – afferma in una pausa - avevo previsto di gareggiare già questo fine settimana, ma problemi familiari mi hanno bloccato: ho avuto mio figlio con la polmonite, facevo la spola tra casa ed ospedale, mentalmente non c’ero proprio, così ho preferito rinviare l’esordio” - La preparazione invernale finora com’è andata? - A dicembre ho avuto qualche acciacco, inteso come una contrattura muscolare alla gamba destra che mi ha impedito per quasi un mese di fare lavori sulla velocità. Le fitte le sentivo soprattutto in fase di massimo lancio. Devo però dire che finalmente sono tornato a sentire reattività nei piedi, e questo mi dà fiducia, quando quelli funzionano il resto va da solo. - Quando ti rivedremo allora in pedana? - Vediamo di giorno in giorno. Ci tenevo ad essere agli Assoluti, il Campionato Italiano è sempre una bella esperienza, ma non voglio andare ad Ancona così, tanto per esserci, come è già successo in passato. Se vado è per giocare le mie carte per vincere e non per fare lo spettatore. - Cosa ti aspetti da questa tua “seconda” carriera?a - L’altro giorno sono stato chiamato per una premiazione relativa al titolo mondiale indoor 2001: in quei frangenti ho provato un po’ di rammarico perché sono passati quattro anni. Dico la verità, non mi sto allenando per rivincere un Mondiale, per tornare a quei livelli non basta l’abnegazione ma serve anche tanta fortuna. Diciamo che mi piacerebbe tornare a vincere un titolo italiano e da lì andare avanti. Voglio di nuovo i 17 metri, poi si vedrà. - In questo lungo tempo che ti ha visto ai margini, cosa hai notato nella tua specialità? - Che purtroppo c’è poco alle spalle di Donato, non si vedono nuovi nomi. C’è Morello che è un bel talento, l’ho sempre detto, ma la sua sfortuna è stata di non riuscire ad entrare in un gruppo militare per potersi allenare con tranquillità, e questo gli ha un po’ tarpato le ali. Per il resto non vedo ragazzi: nella media delle categorie giovanili, le misure sono inferiori a quelle di 15 anni fa. Vorrei tanto che saltasse fuori un nuovo talento, per dimostrare che io e Donato non eravamo due comete nate dal nulla, ma che in Italia il triplo si sa fare, e bene. - E in campo internazionale? - C’è Olsson che trita tutti, inutile farsi illusioni. Fra lui ed Edwards c’è una differenza fondamentale: quello era una persona, che aveva le sue giornate no e che comunque era uno spettacolo da guardare. Lo svedese è un robot, non sbaglia mai, non sembra mai veloce eppure raggiunge misure incredibili. Potrebbe anche fare il record, ma mi dispiacerebbe, lo ammetto, perché il britannico mi è di gran lunga più simpatico. - Camossi sta pensando al suo futuro post-agonistico? - Sto già allenando alcuni ragazzini, perché voglio trasmettere quello che ho imparato. Innanzitutto che il salto triplo è una specialità bellissima ma pericolosa, e che se s’improvvisa può fare bruttissimi scherzi. Io ho perso un paio di stagioni a causa di gravi infortuni, ma se lo si avvicina con rispetto e lavorando bene, è una specialità bellissima. Gabriele Gentili

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