Brugnetti è oro! Azzurra la 20 km di marcia



Arriva e per prima cosa bacia la pista, proprio come aveva fatto 16 anni fa Gelindo Bordin. L’ultima medaglia d’oro azzurra alle Olimpiadi nell’atletica, l’ultima prima di Ivano Brugnetti, oro ad Atene nella 20 km di marcia. Il compimento di un capolavoro, quello del 27enne lombardo, protagonista sin dal primo metro. Chi ha visto la gara alla televisione, si è accorto subito che Brugnetti era in forma, carico come non mai: già in prima fila all’uscita dallo stadio, poi sempre davanti, incurante dell’offensiva, durata solamente per le primissime battute, dei cinesi, poi scomparsi dall’agone agonistico. Gli avversari non mancavano di certo: è vero, i russi non erano al loro meglio, mai nelle prime posizioni, ma c’era Perez, l’ecuadoriano alla ricerca del bis olimpico otto anni dopo; c’era Fernandez, lo spagnolo campione europeo e vicecampione mondiale; c’era Deakes, l’australiano apparso in grande spolvero all’ultima Coppa del Mondo; c’erano i messicani. Ma soprattutto c’era un avversario più forte di tutti: il caldo, soffocante, 30 gradi ed oltre senza contare l’umidità. Brugnetti però è amico del caldo, in fin dei conti vinse il suo oro a Siviglia ’99 (anche se assegnato due anni dopo per squalifica del russo Skurygin) con una temperatura altissima. La gara è una selezione lenta ma spietata. Il gruppo comprende una ventina di unità, poi 15, 12, 10, sempre meno. E Brugnetti è lì, sempre davanti, tranquillo dietro i suoi occhiali a specchio che impediscono agli avversari di guardarlo, di capire le sue condizioni. Dopo metà gara porta il suo primo attacco, regge Fernandez, regge Deakes, regge a fatica Perez, gli altri spariscono. Nulla e nessuno lo preoccupa, neanche i giudici che ogni tanto si avvicinano, gli intimano di limitare la sua azione per non andare in sospensione. Lui si calma, ma solo per un po’, poi riparte. Ne approfitta Perez, che dopo essere stato staccato si riaggancia: lo sforzo gli costerà molto caro, una medaglia. Fernandez e Deakes fanno l’elastico, cede uno e si riaggancia, cede l’altro e si riaggancia. Brugnetti rimane tranquillo, anche quando Fernandez porta il suo attacco, nell’ultimo giro, lo riprende in progressione, senza mai temere di rimanere staccato. Poi, quando si lascia il circuito per riavvicinarsi allo stadio, il lombardo si pone davanti allo spagnolo, mentre l’australiano si lascia staccare, stanco e forse timoroso di perdere con una squalifica tutto quel che ha costruito. Lo stadio si vede, sempre più vicino, e dentro Brugnetti sale un’eccitazione, sente che il serbatoio di energie è pieno. Attacca, Fernandez prova a reggere, ma il metro di ritardo diventa due, tre, dieci. Brugnetti entra nello stadio da solo, ha la forza per salutare, per sorridere. E’ oro, inaspettato da tutti ma non da lui, che sentiva già alla vigilia di avere l’occasione della vita, perché la condizione era al massimo. Lo aveva capito a Saluzzo, dieci giorni prima, in un test che aveva stupito tutti i presenti. Sedici anni dopo l’oro di Bordin, 24 dopo quello di Damilano, ultimo oro azzurro nella 20 km di marcia, l’Italia torna sul gradino più alto del podio. E’ la prima gara del programma atletico, peso a parte: se il buongiorno si vede dal mattino… Gabriele Gentili Nella foto: l'arrivo vittorioso di Ivano Brugnetti (foto Omega/Fidal) File allegati:
- I risultati della 20 km di marcia



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