Bravi i marciatori, fuori le staffette



Arrivano dalla marcia le uniche soddisfazioni di un Mondiale non fortunato per gli azzurri. Piazzamenti, d’accordo, ma a testimonianza che i ragazzi non hanno mollato, dopo le disavventure di ieri: soprattutto quelli che – come i marciatori - dovevano dar fondo alle energie per vincere le terribili condizioni ambientali della mattinata di Pechino. Hanno dominato i giovanotti di casa – e gli orientali in genere, con il giapponese Suzuki al bronzo nella prova maschile – a testimonianza che questo è un ambiente difficile da digerire per gli europei, storici dominatori della disciplina: e bisognerà pensarci per tempo, perchè i risultati di questa rassegna iridata devono essere un monito un po’ per tutti, ma in particolare per le federazioni del Vecchio Continente, in vista dei Giochi Olimpici del 2008. I conti li faremo alla fine, ma già da ora si può parlare di debacle delle potenze tradizionali e l’Europa si sta salvando con alcune imprese individuali e con il talento – evidentemente estemporaneo – di alcuni movimenti in stato di grazia, vedi i tre ori dell’Estonia. BRAVA FERRARO Resterà probabilmente il settimo posto di Federica Ferraro il miglior risultato della spedizione azzurra a Pechino: la ragazza ligure, come la collega di Abano Federica Menzato, è al primo anno di categoria e quindi il piazzamento va inteso anche in prospettiva. Come detto, ha dominato la Cina, che qui si è accontentata dell’oro della Hong Liu (45:12.84), alla quale giusto la russa Shemyankina è riuscita a prendere il numero di targa (seconda con 45:34.41). Decisivo il break della campionessa di casa nell’ultimo chilometro, ad un’andatura insostenibile per la rivale. Per il resto il gruppone è arrivato alla spicciolata, le ragazze sfinite, con la romena Greceanu premiata con il bronzo (46:54.67). In questa ottica Federica Ferraro ha dato dimostrazione di grande presenza mentale e di preparazione più che adeguata al difficile impegno: il suo 49:17:43 finale, distante una quarantina di secondi dal personale, vale tantissimo e la marciatrice dell’Alba Docilia – che ha un personale di 23:25.6 sui 5km – avrà tempo anche di far confidenza con una distanza sulla quale non ha certo molta esperienza. Promossa a pieni voti anche la padovana Federica Menzato: anche l’allieva di Gianni Squarcina, decima con 51:01.60, ha avvicinato i suoi limiti personali mentre avversarie più accreditate – e di certo più esperte – vagavano boccheggiando per la pista di Chaoyang. GIUPPONI OTTAVO Ancor più evidente la superiorità dei cinesi nella gara maschile: qui, come detto, l’Estremo Oriente ha monopolizzato il podio, grazie alla doppietta dei cinesi Bo (42:50.26) e Huang (43:13.29), mentre il bronzo del giapponese Suzuki (43:45.62) ha del sorprendente, nonostante l’analogo piazzamento che questo ragazzo aveva colto lo scorso anno a Marrakech. Perfino il russo Morozov, che a maggio aveva dominato la Coppa del Mondo a La Coruna, è stato costretto a gettare la spugna e si è ritirato dopo metà gara. Anche Matteo Giupponi è stato bravissimo a navigare a vista in una gara dai ritmi obbligatoriamente bassi: impossibile forzare l’andatura con questi livelli d’umidità e l’afa che tagliava il respiro. Ottavo posto, per il bergamasco, e un 44:33.97 tutt’altro che disprezzabile, considerate le premesse: per Matteo un terzo posto tra gli europei, virtuale bronzo continentale, che dice abbastanza della durezza della gara e della onesta prestazione dell’azzurro il quale, non dimentichiamolo, era stato già settimo lo scorso anno a Marrakech tra gli U.18 e quindi si è confermato nell’elite mondiale della specialità al primo anno nella categoria juniores. FUORI LE STAFFETTE Ancora una piccola delusione dal settore dello sprint, anche perchè si contava sulla voglia di riscatto dei velocisti dopo le prove individuali, dove non tutto era filato per il verso giusto. Invece entrambi i quartetti azzurri sono usciti in batteria e, ciò che più dispiace, con risultati finali sicuramente inferiori ai valori individuali dei componenti: il che significa che bisogna lavorare su quella che è sempre stata la caratteristica della scuola italiana, la fluidità dei cambi. Le ragazze sono scese in pista con la formazione composta da Alfinito, Paoletta, Alloh, Giovanetti, praticamente obbligata a causa dell’imbarazzo mostrato da Beatrice Alfinito nel passaggio del testimone durante le prove condotte in raduno: in ogni caso il 45.57 finale (quinto posto nella loro batteria, 14° nel totale del turno) è suscettibile di miglioramenti. Non bisogna dimenticare che la gara di Pechino ha rappresentato il primo e unico test agonistico stagionale per le nostre staffette juniores, poichè all’incontro di Tunisi sono andati solo coloro che non erano stati convocati per la spedizione in Oriente: è vero che bisognava correre al di sotto dei 45 secondi per qualificarsi, ma la somma delle prestazioni singole non era poi così lontana dal traguardo, al di là delle sfavorevoli condizioni ambientali. E qui, forse, bisognerà ripensare qualcosa. É vero che è difficile organizzare match internazionali per la categoria, ma un minimo di programmazione per portare all’evento clou dell’anno dei quartetti bene oliati forse sarebbe necessaria: magari un paio di prove in meeting nazionali, un costume che si è perso una quindicina di anni fa - sicuramente per esigenze superiori - ma che rappresentava un aiuto fondamentale per il compito dei responsabili di settore. Ancor più evidente l’imbarazzo dei nostri staffettisti in campo maschile: il 41.59 finale (settimo posto in batteria) non dice assolutamente nulla sul valore del quartetto formato da Dettori, Aita, Berdini e Galvan. Prospettiva positiva: si può sicuramente lavorare su una formazione che per 3/4 è formata da ragazzi nati nel 1988, che quindi saranno protagonisti anche ai prossimi Europei di categoria a Hengelo. Per il settore femminile tra l’altro – e senza nulla togliere alle ragazze schierate qui a Pechino – c’è da dire che la stagione delle allieve aveva messo in luce almeno due U.18 in grande forma, parliamo ovviamente di Roberta Colombo, ma soprattutto di Francesca Dallo. Naturalmente la scelta di non utilizzare ragazze della categoria inferiore ha reso un tantino meno competitiva la staffetta veloce e ha tolto qualsiasi possibilità, ad esempio, ad un’eventuale 4x400 di giocarsi le proprie possibilità in una finale che, visti i valori individuali, appariva più che possibile da raggiungere. Con l’occasione, visto che questo è un riferimento che ci pare appropriato per ben comprendere il potenziale valore del nostro settore giovanile, al di là della legittima scelta politica effettuata dai responsabili federali, bisognerà spendere una parola anche sulle qualificazioni di ieri dell’alto femminile. Si è passati in finale con 1.81 alla prima prova, e sicuramente era un risultato di una notevole valenza tecnica per la categoria: tuttavia non si può non ricordare che questa stagione ha offerto la crescita prepotente di un prospetto come Serena Capponcelli, la bolognese che compirà 18 anni solo nel prossimo mese di gennaio e che ha quindi ancora due anni da spendere nelle categorie giovanili. La giovane saltatrice emiliana ha vinto sia le Gymnasiadi di Salonicco, unico appuntamento mondiale delle allieve per questa stagione, sia l’incontro juniores di Tunisi ed entrambe le volte superando la quota di 1.84 così nettamente da far presagire di avere nelle gambe misure superiori. Una dimostrazione di tempra agonistica non da poco che - siamo semplicemente appassionati curiosi – ci sarebbe piaciuto verificare anche sulla pedana di Pechino. Pazienza, sarà per il prossimo biennio. Nella foto, lo sprinter Galvan (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL) File allegati:
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